Gli agenti, sfondati cancelli e porte, sono penetrali nell'interno poco dopo l'una. Una rivolta scoppiata nel pomeriggio di oggi nel carcere di San Vittore a Milano, alle tre della notte non era ancora stata del tutto domata.
Oltre mille detenuti stanno lottando contro agenti e carabinieri che sono riusciti a fare irruzione nell'interno dell'edificio. L'attacco della polizia è stato sferrato poco dopo l'una. Un nutrito lancio di bombe lacrimogene aveva costretto i rivoltosi ad abbandonare le loro posizioni vicino agli ingressi: ne hanno immediatamente approfittato agenti e carabinieri muniti di maschere per sfondare alcune porte e cancelli e fare irruzione all'interno del carcere. Si sono accesi ovunque violenti corpo a corpo e si è ingaggiata una furibonda battaglia. Più volte le forze dell'ordine sono state respinte: ma hanno subito contrattaccato riuscendo ad attestarsi all'interno. Lo scontro è stato molto violento, ma un bilancio potrà essere fatto soltanto fra un paio di ore.
Coloro che hanno preso parte all'attacco hanno riferito che i detenuti in rivolta erano decisi a tutto. Prima di poterli agguantare per legarli si sono lasciati affrontare in violenti corpo a corpo che si sono svolti negli stanzoni saturi di gas lacrimogeni
Alle due uri primo bilancio della lotta era già salito a 25 feriti tra le forze dell'ordine, tra cui figurano li vice-questore dott. Moro che ha riportato la sospetta frattura del polso destro, ed il commissario Rosati, ricoverato in ospedale per sospetta frattura di un braccio.
Non è ancora possibile conoscere quanti sono i rivoltosi rimasti feriti: a bordo di automezzi vengono trasportati in una località segreta. All'attacco hanno preso parte anche i vigili del fuoco: il loro intervento era stato suggerito dal fatto che i rivoltosi avrebbero potuto incendiare il carcere per evitare di essere acciuffati. «Non dimenticherò mai questa notte — ha detto un carabiniere ferito — ed è un vero miracolo se sono salvo ».
La rivolta era scoppiata poco dopo le 16. Circa trecento detenuti, al termine dell'« ora d'aria », invece di rientrare nelle loro celle, si fermano urlando sulla rotonda alla confluenza dei vari « raggi »: gli agenti carcerari cercano di sospingerli verso i cancelli ma i prigionieri piombano addosso alle guardie e le immobilizzano. Subito dopo alcuni detenuti salgono sul torrione centrale dove si trova una sentinella armata e le strappano il mitra. Una guardia carceraria dà l'allarme ma in un baleno la rivolta si estende a tutto San Vittore.
Dal cortile i detenuti invadono il primo e il secondo « raggio » e iniziano il saccheggio e la ] devastazione. I rivoltosi, fracassando letti e armadi, sì procurano dei bastoni; quindi prendono i pagliericci e li sventrano incendiando lana e paglia. Poco dopo arriva a San Vittore il direttore dott. Alfonso Carbo che, proprio stamane, si era fatto ricoverare per un lieve intervento chirurgico. Il funzionario prende contatto con i detenuti che chiedono un immediato abboccamento con un magistrato.
E' convocato d'urgenza il sostituto procuratore della Repubblica dott. Siclari, incaricato della sorveglianza al carcere, ma quando il giudice arriva la rivolta si è ormai estesa a tutto il reparto maschile che ospita attualmente 1005 persone (le 300 donne detenute non hanno preso parte alla rivolta e si sono asserragliate nelle loro celle).
Alle 17 nella zona del carcere accorrono 400 uomini della « Celere », che bloccano le uscite. Arrivano anche i carabinieri del battaglione mobile. Il traffico su viale Papiniano, piazzale Aquileia, via Matteo, via Vico e via Filangieri (ingresso centrale) e nelle strade vicine è dirottato. Organizzata cosi la «cintura protettiva», le forze dell'ordine compiono il primo attacco contro i detenuti lanciando candelotti lacrimogeni. Ma non possono avanzare.
All'interno della prigione avvengono scontri violenti tra agenti di custodia e prigionieri. Non si sa quanti siano i feriti e i contusi; si dice che alcune guardie sono state prese in ostaggio: otto, infatti, mancherebbero all'appello. Alle 21,30 cominciano ad affluire in tutta la zona ì rinforzi: si tratta di contingenti di carabinieri in assetto di guerra. Le nuove forze si attestano attorno alle mura del carcere senza tentare di penetrare all'interno.
Infine poco dopo l'una, come si è detto, agenti e carabinieri sferrano l'attacco e penetrano nell'interno della prigione.
La Stampa, 15 aprile 1969