Il venerdì Santo del 19 aprile 2003, Armida Miserere, il Direttore del carcere di Sulmona, moriva suicida con un colpo di pistola, nell'abitazione annessa al penitenziario di Sulmona.
Armida Miserere era nata a Taranto il 31 maggio 1954, figlia di un ufficiale della Marina Militare, nata a Taranto ma cresciuta a Casacalenda in Molise, il paese di origine dei genitori. Iniziò la sua carriera a 28 anni come vice-direttrice del carcere di Parma (dove conobbe Umberto Mormile, educatore della prigione di Milano-Opera che lavora all'interno della struttura). Per vent'anni (gli anni della mafia, del terrorismo, della P2) ricoprì l'incarico di direttrice nelle carceri d'Italia più difficili: Voghera, luogo di detenzione delle terroriste "irriducibili", Pianosa, l'Ucciardone a Palermo, poi Torino, Ascoli Piceno, Spoleto, Lodi, San Vittore a Milano, Badu 'e Carros a Nuoro, Cremona e infine Sulmona.
Più volte nella sua carriera fu inviata dal ministero della Giustizia a risolvere situazioni singolari in istituti di pena ritenuti "difficili" (come alle Vallette di Torino dopo la fuga del detenuto Vincenzo Curcio condannato all'ergastolo, all’Ucciardone in seguito alla morte di un agente, a Pianosa subito dopo che Falcone e Borsellino furono uccisi); per il modo intransigente con cui concepiva il carcere acquisì una fama da dura, tanto da essere soprannominata "la fimmina bestia" (all'Ucciardone), o "il colonnello".
Lei stessa si definiva "una dura, che non dirige certo un grand hotel". In un'intervista a "Io Donna" del novembre 1997 aveva bollato come "boiate" i trattamenti risocializzanti: "A San Vittore ci sono entrata con la testa della criminologa. Ho visto una massa indistinta di gente, ma non riuscivo a capire quali fossero i detenuti e quali le guardie. Per me il carcere deve essere un carcere e i detenuti devono saper fare il loro mestiere". Ricordando il suo arrivo all'Ucciardone aveva riferito di "non avere mai avuto paura", nonostante qualche minaccia. "Mi sento più sola oggi, qui a Sulmona, l'aria è gelida e i detenuti sanno solo lamentarsi e scrivere alle procure. La mia unica compagnia sono i miei cani, Leon e Luna".
LA LETTERA TESTAMENTO DI ARMIDA MISERERE
“È venerdì Santo. Come Cristo anch’io affronto l’ultima mia via crucis. Sono stanca, troppo e la vita professionale, la stima, non sono sufficienti a riempire il troppo dolore che sempre mi accompagna né questo nuovo dolore pieno di rabbia, di nausea e di disprezzo. Non c’è più posto in me per l’amore, per la comprensione, per la saggezza, per la generosità. Mi resta un ultimo atto di coraggio che peserà come un macigno per chi mi ha tradita, offesa, venduta e rinnegata. Un atto di coraggio contro chi non è stato capace che di sole menzogne, ipocrisie e viltà. A lui, a loro la vergogna del mio sangue e di un dolore che li perseguiterà per sempre. Auguro morte e infamia, dolore e sofferenza a chi mi ha dato morte e dolore e sofferenza. Auguro la stessa angoscia che mi ha uccisa, auguro tutto il male del mondo… e quello che mi è stato dato è la certezza… che nessuno potrà mai dare. Auguro vite distrutte così come con tanta leggerezza è stato distrutto quel che resta della mia. Non mi perdono di aver creduto in un sogno. Non posso perdonare chi quel sogno ha distrutto”. Il testo è tratto da un articolo della giornalista Cristina Zagaria, pubblicato il 18 aprile 2013, autrice del libro "Miserere, vita e morte di Armida Miserere servitrice dello Stato" (edito Flaccovio Dario), con documenti inediti forniti dalla famiglia. Il testo è citato anche nel film dedicato ad Armida Miserere "Come il vento", regia di Marco Simon Puccioni.
Appello per Umberto Mormile e Armida Miserere (Antimafia Duemila)
Armida Miserere (Wikipedia)
Servizi segreti e 'ndrangheta nella carceri. Riaprite il caso Mormile, compagno di Armida Miserere