Il decreto legge voluto da Orlando affossato dalla nuova maggioranza. M5S e Lega uniti: i benefici previsti non garantiscono la certezza della pena. Che sarebbe stato il primo provvedimento da spazzare via, Matteo Salvini e Alfonso Bonafede non lo avevano assicurato soltanto dai banchi dell'opposizione, ma anche nel lungo periodo di gestazione di questo governo, quando la Riforma dell'ordinamento penitenziario era passata in consiglio dei ministri, penultimo step per l'approvazione definitiva di un provvedimento fortemente voluto dal Guardasigilli uscente, Andrea Orlando.
Nell'ufficio legislativo di via Arenula, non ci sono ancora notizie della volontà del governo, ma adesso, che il segretario della Lega è diventato vicepremier e Bonafede ministro della Giustizia, sembra chiaro che le misure, approvate sulla base di una legge delega che scadrà il 3 agosto, non entreranno mai in vigore. A non convincere Lega e Cinque Stelle è proprio il cuore della Riforma, che tra l'altro ci viene chiesta dall'Europa, vista la condizione delle nostre carceri: la possibilità per tutti, tranne per mafiosi e terroristi, di accedere ai benefici e quindi alle pene alternative. "Certezza della pena", aveva tuonato Salvini e, poco dopo, i Cinque Stelle si erano schierati con la lega sul loro blog, accusando l'esecutivo Gentiloni di un colpo di mano nonostante la bocciatura delle urne.
L'Asse - "Vergogna - aveva commentato Salvini - un governo bocciato dagli italiani approva l'ennesimo salva-ladri. Appena al governo, cancelleremo questa follia nel nome della certezza della pena: chi sbaglia paga!". Per Alfonso Bonafede, la riforma "Mina alla base il principio della certezza della pena ed è un affronto che non può essere accettato". Da ministro in pectore aveva assicurato: "Nella diciottesima legislatura, il Parlamento dovrà intervenire in materia di giustizia, rassicurando i cittadini sull'importanza della legalità e della certezza della pena. Il governo - aveva aggiunto - è consapevole che i cittadini non vogliono una norma di questo tipo e, proprio per questo, lo ha approvato con una strategia sconcertante per il modo in cui calpesta le prerogative parlamentari". Secondo il ministro il testo aveva superato il penultimo step (e avrebbe dovuto passare l'esame in commissione Giustizia entro 10 giorni) "nella distrazione generale nella fase di passaggio tra una legislatura e l'altra e fuori da ogni possibile controllo parlamentare".
La proposta Bonafede - Il decreto che non diventerà mai legge, modifica la norma del 1975 e prevedeva per tutti i detenuti, anche quelli condannati all'ergastolo (ma solo dopo che avessero scontato almeno venti anni) la possibilità di accedere ai benefici, ovviamente solo dopo una valutazione da parte del giudice di sorveglianza. Così come si prospettava l'affidamento ai servizi sociali per quanti avessero una condanna a quattro anni (attualmente è prevista fino a tre anni). I tempi per l'approvazione ci sarebbero ancora, anche per apportare modifiche, ma è difficile che il governo, entro il 3 agosto, possa varare il provvedimento con un passaggio in commissione Giustizia che dovrebbe stravolgere il testo e andare in tutt'altra direzione.
Per il ministro, infatti, "il sovraffollamento carcerario non può essere risolto elargendo irragionevolmente benefici penitenziari di un numero sempre maggiore di detenuti, ergastolani inclusi. Piuttosto - è la sua linea - è fondamentale attuare con urgenza un piano-carceri serio, che porti alla realizzazione di nuovi istituti penitenziari e al miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti, investendo risorse sul controllo e la qualità delle misure alternative e sulla rieducazione della pena". Nel contratto di firmato da Salvini e Di Maio è prevista la costruzione di nuove carceri, ma anche una riforma della prescrizione e pene più pesanti per i furti. Quindi, almeno in un primo momento, il sovraffollamento dovrebbe aumentare.
Il messaggero