Impiego di unità operative dell'esercito nelle carceri: Taviani risponde al Manifesto per il documento riservato sulle carceri
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STORIA Impiego di unità operative dell'esercito nelle carceri: Taviani risponde al Manifesto per il documento riservato sulle carceri 05/09/1973 

Da stamane sono in corso accertamenti sull'oscura «fuga» di un documento riservato, pubblicato stamane dal Manifesto, nel quale il ministro dell'Interno, Taviani, chiedeva, il 26 agosto, al capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Henke (in foto ndr), l'elenco di reparti speciali dell'esercito da impiegare, senza armi, nel caso di gravissime sommosse nelle carceri, come appoggio alla polizia e agli agenti di custodia.

Il manifesto ha pubblicato, in copia fotostatica, la prima pagina della lettera riservata. Vi è detto: «Signor ammiraglio, il frequente susseguirsi di violente manifestazioni nelle carceri italiane impone l'esigenza di idonee misure e opportuni interventi, anche in vista della non improbabile evenienza che, in concomitanza a movimenti interni nei penitenziari, si presentino situazioni esterne di emergenza. «Nell'ultima seduta del Consiglio supremo della Difesa, prosegue la lettera, è stato deciso, per tali casi, anche l'impiego di unità delle forze armate particolarmente idonee ad assicurare una soddisfacente soluzione operativa, in concorso con gli agenti di custodia e con le forze di polizia. Per una pronta azione svolta al ripristino della normalità, laddove sia turbata, si rende perciò necessaria sin da ora l'identificazione dei reparti delle forze armate che dispongano delle predette unità, onde potere, al momento opportuno, tempestivamente avviare i necessari collegamenti». La lettera conclude: «In attesa, pertanto, di avere da codesto stato maggiore un elenco di tali reparti e delle relative sedi stanziali, si indicano, nell'allegato foglio, le città sedi di stabilimenti di pena dove, con maggiore virulenza, hanno finora avuto luogo le manifestazioni dei detenuti».

Il manifesto fa seguire aspre critiche sostenendo, fra l'altro, che «l'uso di reparti militari nella repressione (...) è una concezione del tutto inedita dell'esercito» e che «per valutare l'eccezionalità del documento basta pensare che la disponibilità di reparti militari non è stata mai pianificata neppure in rapporto a grandi calamità naturali». Il ministro Taviani ha fatto questa dichiarazione: «Il ricorso a reparti dell'esercito, di cui nella lettera riportata da un giornale del mattino, riguarda esclusivamente casi estremi in cui le guardie carcerarie e le forze dell'ordine non siano sufficienti. Le forze di polizia sono esercitate alle operazioni di ripristino dell'ordine senza far uso delle armi. Proprio per questo la lettera del ministro dell'Interno prospetta l'esigenza che qualora, in casi di estrema necessità, si rendesse necessario l'impiego di reparti dell'esercito, questi siano preventivamente identificati: affinché siano idonei a ripristinare l'ordine senza dover ricorrere all'uso delle armi. Tutto ciò è espressamente subordinato, nella lettera stessa, a incontri e decisioni da assumere in riunioni tra i ministri della Giustizia, della Difesa e dell'Interno».

Il professor Giovanni Conso, ordinario di procedura penale all'Università di Roma, ha rilasciato una dichiarazione riferita dall'agenzia Adnkronos. Pur considerando previsto dalla legge l'impiego dell'esercito in funzione di ordine pubblico, Conso precisa che tale impiego dev'essere deciso «caso per caso» mentre «nella lettera del ministro dell'Interno si fa, viceversa, parola di reparti "particolarmente idonei" a ripristinare l'ordine pubblico e, quindi, di reparti da addestrare appositamente, così da creare nuclei specializzati nel ripristino dell'ordine pubblico».

Sarebbero, a suo giudizio, «veri e propri reparti di polizia, del tutto senza precedenti», dato che l'ordine pubblico è affidato «tassativamente» dalle leggi alle forze di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria. A tarda sera l'agenzia Ansa ha diffuso il seguente comunicato: « Il manifesto di domani pubblicherà il testo di un telegramma inviato dal direttore del giornale. Luigi Pintor, al Presidente del Consiglio per segnalare "un grave episodio che, se ripetuto, si configurerebbe come manifestazione obiettiva di sequestro della stampa " ». Pintor scrive infatti che ieri sera « le copie del "manifesto" destinate alla distribuzione del Nord, contenenti la importante notizia della lettera del ministro Taviani all'ammiraglio Henke, non sono partite in tempo utile » perché il carrello sul quale erano state caricate è stato avviato sulla pista dell'aeroporto soltanto quando il comandante dell'aereo aveva ordinato la chiusura dei portelli. Pintor aggiunge che « la spiegazione del grave episodio fornita dall'Alitalia è inconsistente e legittima ogni sospetto ».

La Stampa 5 settembre 1973


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