Impartiva ordini dal carcere, da dove continuava a gestire la cosca mafiosa calabrese. Le indagini fatte a Padova sul detenuto S. G., della cosca Farao-Marincola di Strongoli (Crotone) hanno finito col mettere nei guai la moglie, che dopo l’arresto del marito, stando alle indagini della Dda di Catanzaro, aveva preso in mano le redini del malaffare.
Intercettazioni
Sulla base delle intercettazioni fatte in carcere la Cassazione ha rigettato il ricorso fatto dalla donna contro l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Catanzaro lo scorso dicembre. Stando alla sentenza della Cassazione, avrebbe organizzato un attentato incendiario nei confronti della vice sindaca del paese d’origine, in provincia di Crotone, “colpevole” di non aver agevolato l’iter per l’occupazione del chiosco sulla spiaggia di Strongoli Marina e di quello per la rivendita fiori al cimitero.
L'attentato
La notizia è stata riportata oggi dai quotidiani di Padova. L’attentato sarebbe stato eseguito dal figlio con la supervisione della mamma, la quale avrebbe agito dopo essere stata incaricata di prendere le redini del business di famiglia dal marito S. G., che dal carcere di Padova, sarebbe riuscito comunque a gestire la cosca calabrese.
I boss
G. è già stato al centro delle cronache locali del Nordest. Con un’ordinanza emessa lo scorso gennaio infatti il gip di Catanzaro aveva portato in carcere 169 persone accusate di essere collegate alla sua cosca, tutti impegnati a gestire gli affari del boss incarcerato, il quale riusciva comunque dal carcere a far girare gli affari anche in Veneto, e soprattutto a Padova, dove voleva infiltrarsi con gli affari legati al pane.
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