La Senatrice Loredana De Petris di Liberi e Uguali con Pietro Grasso, intende disarmare le Forze di Polizia con un corso di non violenza. Da quanto si apprende, questa magnifica idea, si è in realtà già tradotta in un disegno di Legge depositato al Senato.
Un’ideona senza precedenti, quella del Corso della De Petris, che vuole una ‘polizia senza gli strumenti idonei a tutelare l’ordine, ma in posizione di meditazione vipassana per sconfiggere il crimine.
Molto precisa la posizione del segretario Generale del Sap, Sindacato Autonomo di Polizia, Stefano Paoloni: “La De Petris, evidentemente, non ha cognizione alcuna di ciò che accade in mezzo alla strada quotidianamente e durante le manifestazioni. Chi ha bisogno di essere educato non è certo il professionista della sicurezza come il poliziotto, addestrato quotidianamente per garantire l’ordine e la sicurezza pubblica. Forse ci vorrebbe una legge e un corso per rieducare e disarmare i manifestanti violenti. Non rispettano la legge ed i poliziotti che in quei momenti hanno il dovere di farla rispettare e, spesso, anche se colti e arrestati in flagranza, all’indomani sono già liberi”.
La Senatrice relativamente all’idea del corso, fa riferimento anche alle cosiddette “morti di stato” e agli abusi delle forze di polizia. Paoloni sostiene che alcune di queste vicende giudiziarie non siano del tutto concluse e, molte di queste si sono rivelate un manifesto ideologico contro le divise. “Molti processi sono ancora in corso, dunque si dovrebbe rispettare la presunzione di non colpevolezza così come sancito dall’art. 27 della nostra Carta Costituzionale. Altri, invece, si sono conclusi con una sentenza per reati colposi, molto diverso da quanto sostiene la De Petris quando parla di omicidio. Chi sbaglia è giusto che paghi – continua Paoloni – ci affidiamo alla correttezza della giustizia, ma è impensabile che l’intera Polizia di Stato abbia bisogno dei corsi indetti da certa politica che tutela e legittima ideologicamente e moralmente i violenti. Perché invece non si pensa a dotare le forze dell’ordine di strumenti che limitino il contatto fisico, perché non accettare la nostra proposta di installare telecamere su divise, auto di servizio e celle di sicurezza? Le telecamere non perdonano nessuno e servono la verità. Ma forse questo non conviene, perché lì dove c’è la verità, non si può mettere alla gogna il poliziotto e trarne benefici”.
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