Dibattito alla Commissione giustizia. Il Senato esamina la legge sul nuovo assetto carcerario. Due concetti ispirano le nuove norme: l'affrancamento del condannato da ogni crudeltà e la sua riabilitazione sociale.
La Commissione giustizia del Senato ha cominciato, in sede referente, l'esame del disegno di legge sull'ordinamento dei penitenziari. Il progetto è stato presentato dal governo il 28 ottobre 1968 e si riallaccia a quello Gonella del 1960 riproposto nella successiva legislatura dal ministro Reale.
Rispetto al vecchio testo, il provvdimento è stato notevolmente snellito: i 150 articoli originali sono stati ridotti ad un centinaio, poiché è stata stralciata tutta la parte che riguarda la prevenzione della delinquenza minorile, per la quale, alcuni mesi fa, è stato presentato al Parlamento un disegno di legge.
Due sono i concetti che ispirano le nuove norme: l'affrancamento del condannato da ogni crudeltà e la sua riabilitazione sociale. Per quest'ultima, si legge nel progetto, sono di fondamentale importanza l'istruzione, il lavoro, la religione. In tutte le carceri verranno organizzati corsi della scuola d'obbligo e di addestramento professionale; particolare cura sarà dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti che hanno meno di 25 anni; il lavoro non avrà carattere afflittivo, sarà remunerato, non potrà superare le otto ore al giorno.
Il progetto stabilisce che i detenuti potranno avere più colloqui con i familiari e il mondo esterno e che saranno autorizzati a tenere quotidiani, periodici, libri.
Il numero dei carcerati in ogni penitenziario non deve essere elevato; il disegno di legge garantisce anche la separazione fra giovani dai 18 ai 25 anni ed adulti, fra detenuti condannati o imputati in custodia preventiva: per questi ultimi sono previste particolari misure di tutela. Coloro che sono in attesa di giudizio non possono essere sottoposti a osservazione scientifica della personalità, né subirti restrizioni che non siano strettamente indispensabilia 'fini giudiziari o di sicurezza.
Secondo il provvedimento, i locali nei quali si svolge la vita dei carcerati devono essere, ampi, illuminati con luce naturale o artificiale, per permettere il lavoro o la lettura, riscaldati e dotati di servizi igienici decenti e di tipo razionale. Le norme stabiliscono che la disciplina è attuata in modo da stimolare il senso di responsabilità è la capacità di autocontrollo. Un articolo precisa che «non è consentito l'impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti, se non sia strettamente indispensabile per prevenire o impedire atti di violenza».
Gli agenti di servizio nell'interno degli istituti non possono portare armi; vengono anche fissati i limiti e le competenze dell'autorità giudiziaria per l'esecuzione delle pena, la custodia preventiva, l'organizzazione della vita nei penitenziari.
Nella riunione di oggi, il relatore Mannironi (dc) (in foto ndr), ha detto che i provvedimenti delineano un nuovo spirito con il quale deve essere amministrata la pena. La riforma, ha osservato il parlamentare, è resa particolarmente diffìcile dai gravi problemi dell'edilizia carceraria e dalla mancanza di personale; egli si è poi dichiarato favorevole alla creazione di un istituto di studi penitenziari. La discussione riprenderà il 6 maggio.
La Stampa 24 aprile 1969