Il carcere fantasma di Cuneo. Incominciato nel 1956, non è ancora finito
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STORIA Il carcere fantasma di Cuneo. Incominciato nel 1956, non è ancora finito 25/04/1971 

Una costruzione che si trascina da 15 anni. Il carcere fantasma di Cuneo Incominciato nel 1956, non è ancora finito - Anzi, in tutti questi anni la prigione senza sbarre si è aperta ai vandali - Ora i lavori riprendono, per terminare, però, solo nel 1973.

Il carcere « modello » di Cuneo è un carcere fantasma Incominciato nel 1956. non è ancora finito: lo sarà, si spera, nell'inverno del 1973. Dopo quattro anni di lavoro, tutto si fermò per mancanza di fondi. E il carcere « più bello d'Italia » come lo definirono, sul progetto giornali e settimanali) è stato abbandonato alla pioggia, alla neve, al vento, al saccheggio dei vandali che hanno distrutto tutto quello che potevano distruggere nelle loro incursioni notturne, rendendolo vecchio prima ancora d'essere stato giovane.

Ironia della vita: i detenuti organizzano rivolte di protesta contro la mancata riforma dei codici, la lentezza dei processi, il sistema di vita e l'arretratezza decrepita delle carceri in cui sono costretti a espiare la pena. Danno fuoco al pagliericci, sfondano porte e finestre, abbattono muri, saccheggiano infermerie e laboratori. Da anni, quasi a scadenze fisse, le sommosse nelle vecchie carceri toccano un po' tutte le principali città italiane. L'altra settimana, a Torino, le « Nuove » sono state semidistrutte, la popolazione dei detenuti e stata per tre quarti smistata in altri penitenziari.

All'indomani di ogni tumulto di reclusi, si parla di riforme, soprattutto di prigioni nuove e moderne che restituiscano dignità e serenità ai detenuti.

Il carcere «modello» di Cuneo, progettato proprio per venir incontro a tali esigenze, doveva essere il carcere-pilota di questo rinnovamento. Ma la costruzione, arenatasi nelle intricate e contuse maglie della burocrazia, prima di diventare «carcere modello» è diventata oggetto di razzia di ignoti teppisti che arrivarono a rubare, anni fa, perfino la statua in bronzo del detenuto redento, eretta accanto a una vasca d'acqua. Oggi, mentre i lavori ricominciano sotto la spinta di un nuovo,finanziamento, ma visitare questo carcere da un senso di pena e di amarezza.

La costruzione in mattoni rossi sorge silenziosa e solitaria nella campagna della regione Cerialdo a pochi chilometri dalla città. Il massiccio portone in ferro non ha un vetro intatto. Chiunque può entrarvi, non ci sono serrature, né spranghe. Nei corridoi si cammina su un tappeto di cristalli in pezzi, infissi di porte e finestre scardinati, fili elettrici strappati dai muri. I servizi igienici moderni e funzionali (ogni cella ne ha a disposizione uno) sono in frantumi: i vandali si sono divertiti, con bastoni, a spezzarli come fossero vasi di coccio. Guardando in giro per la vasta area, dal reparto femminile a quello di accettazione, dalla caserma degli agenti ai laboratori, si vedono i mille occhi ciechi delle finestre che sono servite da tiro a segno per i teppisti stanchi di prendersela con i comuni lampioni. Sfondato il tetto di un padiglione, manomessa la vasca dell'acqua, sparita - si è detto - lastata del "redento".

Nel cortili, l'erba incolta si aggrappa ai muri delle celle, gli alberi sradicati completano lo stato di abbandono e di desolazione. E' quasi incredibile che. con la penuria e la « fame » di nuove carceri, per quello « modello » di Cuneo si sia fatto cosi poco e cosi lentamente, e non certo per colpa di chi dirige i lavori. Dice il geom. Santo Odifreddi. del Genio Civile, uno degli ideatori del progetto: "L'appalto per il secondo lotto, indetto nel 61. andò deserto. Ci vollero due anni per giungere a un aggiornamento dei costi, ma nel frattempo anche i materiali e la manodopera erano cresciuti e la seconda gara d'appalto andò deserta".

Dopo qualche mese il finanziamento fu tolto dal bilancio, per sbloccare la situazione fu necessaria un'apposita legge, approvata dal Parlamento nel '67. ma entrata in viaore soltanto un anno fa. Finalmente è giunto un nuovo finanziamento di 370 milioni. Tempo richiesto dall'Impresa (Labera e Turco, di Mondavi!. 20 mesi. « Ma dobbiamo aggiungerne tre — precisa il geom. Odifreddl - perché i lavori effettivi sono incominciati al primo di marzo ». Restano da costruire parte delle celle, a cinque e a un letto, la « villetta » del direttore, del maresciallo delle guardie, la cappella-oratorio, i camminamenti lungo il muro di cinta. E poi tutti gli impianti. L'impresa, verso la fine del '72, ultimerà il carcere. Il ministero di Grazia e Giustizia dovrà farlo arredare. Ci vorrà ancora un anno, come minimo.' per attrezzare i laboratori, le aule scolastiche, l'infermeria, il cinema, la sala della televisione, la biblioteca.

Il nuovo penitenziario, a due piani, ospiterà 174 detenuti (di cui 13 donne) e 66 agenti di custodia. Al piano terreno ci saranno l reclusi in attesa di giudizio, al primo e secondo piano guitti iiin condannati. Sarà. cioè, un carcere penale, non giudiziario. Se si pensa che l'attuale — una vecchia casa diroccata — ospita poco più di 50 detenuti, il nuovo penitenziario sarà in grado di accettare reclusi da altre case penali (ad esempio Savigliano e Saluzzo) assolvendo cosi il suo compito principale, che è quello, soprattutto, di rieducare. C'è soltanto da augurarsi che nessun altro intoppo si aggiunga alla sua vita travagliata. Ci saran voluti 17 o 1S anni di lavori, ma il risultato sarà ottenuto. In altre città d'Italia (Torino. Milano. Palermo) si parla da 50 o 60 anni di fare un carcere nuoto. E si continua soltanto a parlarne.

La Stampa  25 aprile 1971


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