Per dieci anni l'"Antimafia" e l'Interpol gli avevano dato la caccia - Condannato a quattro anni ne ha scontati soltanto due.
Il presunto boss mafioso Tommaso Buscetta torna libero, dopo nemmeno due anni di carcere: la condanna gli è stata annullata per un indirizzo sbagliato sulla ordinanza dei giudici. Proprio un anno fa venne scarcerato il boss di Alcamo Vincenzo Rimi, condannato per due volte all'ergastolo, ed anche il figlio Filippo venne liberato. La lenta macchina della giustizia aveva permesso che scadessero i termini della carcerazione preventiva. E nemmeno un mese fa Frank Coppola, «pezzo da novanta» della mafia italo-americana, malgrado una condanna a sei anni e il rinvio a giudizio per l'attentato al questore Mangano, ha ottenuto la libertà provvisoria. Uno sconcertante provvedimento «che non è certo adatto a rafforzare quel clima di credibilità agli occhi della pubblica opinione, di cui tanto avrebbe bisogno la nostra giustizia», ha commentato su questo giornale il professor Giovanni Conso. Anche il «caso Buscetta» rivela la crisi della giustìzia, ed ora c'è addirittura chi dice: e adesso aspettiamo la notizia della scarcerazione di Liggio. Dopo tutto perché meravigliarsi, se perfino Lucky Luciano ottenne ai suoi tempi, in America, la libertà e non si è mai saputo bene perché? Tommaso Buscetta, palermilano di 44 anni, fu catturato in Brasile nel novembre 1972. Da dieci anni l'Antimafia, l'Interpol e il «Bureau of Narcotics» gli davano la caccia. L'on. Cattanei, ex presidente dell'Antimafia aveva definito il personaggio «estremamente interessante» e aveva aggiunto: «Su di lui la commissione d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia puntò i riflettori fin dall'inizio dei lavori: è una figura quanto mai complessa, nei grossi giri della mafia palermitana fin quando è rimasto in Italia, e al vertice della malavita statunitense subito dopo il suo trasferimento clandestino a New York». Quando lo hanno catturato in Brasile pare possedesse una fattoria, il Joyful Ranch, da duecento milioni, 250 taxi, una flotta di battelli. Lo hanno trasferito in Italia, chiuso all'Ucciardone di Palermo. Ha negato di essere un «boss» della mafia e al vertice del traffico internazionale della droga. Catania e Vigorelli ne «La industria della droga» scrivono che per la sua cattura «hanno avuto onori e medaglie funzionari, agenti, spie e informatori». Ma all'Ucciardone Buscetta si mostrava tranquillo: dovranno assolverlo, che prove ci sono contro di lui? Nessuna prova, infatti, per la droga. Lo hanno però condannato per una vecchia storia di contrabbando. Un traffico clandestino di tabacco del gennaio 1959. Dapprima il tribunale di Taranto lo condannò a due mesi di reclusione e a 55 milioni di lire di multa. Successivamente la multa venne convertita in quattro anni di reclusione, ma la procura della Repubblica di Taranto notificò l'ordinanza di conversione della pena ai una residenza dell'uomo che non era quella che risultava all'anagrafe. L'attento avvocato difensore Veneto ha scoperto che l'indirizzo era sbagliato e ha così sollevato «l'incidente di esecuzione». Il tribunale gli ha dato ragione, annullando l'ordinanza di conversione. Così Buscetta (che al recente processo di Palermo contro la cosiddetta «nuova mafia» è stato condannato a due anni e undici mesi per associazione per delinquere e che l'anno scorso al processo di Catanzaro era stato condannato a quattro anni) torna libero. Grazie a un indirizzo sbagliato.
La Stampa 14 settembre 1974