I manicomi sotto accusa
Home > STORIA

 

STORIA I manicomi sotto accusa 27/02/1975 

I senatori della sinistra indipendente Ossicini, Parri, Branca, Galante Garrone, Romagnoli e Rossi Danese hanno presentato a Palazzo Madama un disegno di legge (numero progressivo 1923) di tre articoli che propone la soppressione degli ospedali psichiatrici giudiziari. Magistratura democratica e Psichiatria democratica hanno curato un'inchiesta sulla condizione e sull'organizzazione dei manicomi, quelli criminali e quelli “comuni”.

Domani al Policlinico di Roma si terrà una manifestazione, la prima di una serie a livello nazionale, dove il settore sarà messo sotto accusa. Hanno aderito all'incontro forze sindacali, partiti politici, organizzazioni democratiche e religiose.

Continuano a giungere testimonianze di ex internati di Aversa, Reggio Emilia, Barcellona-Pozzo di Gotto e Montelupo Fiorentino, che denunciano sofferenze, maltrattamenti, condizioni igienicosanitarie e psicologiche agghiaccianti e impensabili. La procura della Repubblica di Napoli ha aperto un'inchiesta su Aversa che finora non ha superato la fase degli “atti relativi a denunce”. II dito è puntato contro una piaga. Ci sono voluti i casi della donna bruciata nel letto di contenzione a Pozzuoli; di un'altra internata, inferma di mente, processata perché, malferma, urtò una ricoverata procurandole lesioni: e quello paradossale di Maria Schneider e della sua amica ricoverate al Santa Maria della Pietà di Roma perché si tornasse a parlare di un'istituzione medioevale, voluta dal legislatore di 70 anni fa e usata dal codice fascista per pura repressione.

Ieri, alla Casa della cultura, presentando il loro libro nero, Psichiatria democratica e Magistratura democratica hanno allegato 30 denunce di persone che sono passate attraverso i manicomi giudiziari. Era presente un uomo, Bruno Antonioni, dalla cui voce emozionata abbiamo ascoltato parole che riportano indietro nel tempo: ai campi di concentramento, ai Lager dell'ultima guerra mondiale. Abbiamo sfogliato un pacco di fotografie, riprese di nascosto con un piccolo apparecchio: propongono “relitti umani” seminudi, sporchi, stracciati, legati.

Contro questi documenti ci sono le parole degli addetti ai lavori. Il professor Domenico Ragozzino, direttore del manicomio giudiziario di Aversa, nella conferenza stampa del 18 gennaio di quest'anno dichiarò: “Il letto di contenzione è un'emergenza alla quale bisogna ricorrere quando il malato di mente diventa pericoloso per sé e per gli altri, volendo magari suicidarsi”. E Ragozzino spiegava che “qualora il malato riuscisse a mettere in esecuzione le sue idee malsane, emergerebbero responsabilità sul piano penale”.

Che cos'è dunque un manicomio giudiziario? Il codice Zanardelli, precedente al fascismo, lo prevedeva, ma la riconosciuta semi-infermità non comportava la doppia “sanzione” (pena e misura di sicurezza). Con la riforma Rocco del 1931 fu introdotto il doppio binario per il semiinfermo e la misura di sicurezza del manicomio giudiziario per il “totalmente infermo”. Le “novità” della riforma Rocco furono gli articoli 148 del codice penale e 88 del codice di procedura penale. La persona che, dopo aver commesso un reato, non è in grado (per sopravvenuta malattia mentale) se imputato di capire il processo o se condannato di comprendere l'efficacia della pena, può giacere per sempre in manicomio giudiziario “a giudizio sospeso” o “a pena sospesa”. Passato il fascismo nulla è cambiato.

Quest'istituzione svolge una effettiva funzione d'assistenza e cura? Gli ultimi dati disponibili (1974) forniscono il seguente quadro: 2410 ricoverati nei sei manicomi giudiziari italiani; 35 medici e 29 infermieri (addetti, in prevalenza, alle pratiche amministrative); 580 agenti di custodia. La struttura è identica a quella del carcere: cancelli, sbarre, sentinelle armate, agenti in divisa, buglioli e strumenti di coercizione. Ne! '74, vi erano 371 internati rinchiusi in violazione dello stesso codice Rocco, e cioè “in osservazione psichiatrica”. Il regolamento in vigore è il frutto di una precisa scelta ideologico-politica sperimentata dal fascismo: progressiva distruzione della personalità e della resistenza del “deviante”. Punto principale è l'isolamento. L'articolo 60 vieta ai visitatori di rivolgere la parola ai detenuti. I detenuti in isolamento debbono osservare l'ordine del silenzio, camminare in fila, uno dietro l'altro, a una certa distanza. Per rispondere alle domande c'è l'obbligo di parlare a bassa voce. L'articolo 86 proibisce i canti, le grida, le domande e i reclami collettivi. Le sanzioni disciplinari sono durissime; e a subirle sono persone malate di mente. C'è il letto di contenzione e l'uso di iniezioni soporifere come cura. A tutto ciò si aggiunge una struttura carente, deleteria dal punto di vista igienico.

Al convegno di domani si parlerà di come superare e abbattere questo steccato. Le proposte verranno discusse e paragonate con la situazione attuale dei manicomi “comuni”.

La Stampa 27 febbraio 1975


Google News Penitenziaria.it SEGUICI ANCHE SU GOOGLE NEWS