Ha ucciso il cognato-collega. Bastonava sempre la moglie
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STORIA Ha ucciso il cognato-collega. Bastonava sempre la moglie 05/09/1972 

Un agente nel corpo di guardia delle Mantellate a Roma. L'omicida e la vittima erano amici - L'uccisore ha detto al magistrato: "Non ho usato la pistola d'ordinanza, perché la considero sacra. Non potevo sporcarla col sangue d'una carogna" - Rinchiuso nel carcere.

Con tre colpi dì rivoltella, esplosi all'improvviso nel corpo di guardia della « caserma delle Mantellate », un agente di custodia ha ucciso un collega. Poi ha gettato a terra la pistola e con freddezza, accendendo un mezzo sigaro toscano, alla sentinella che accorreva dal passo carraio ha detto: « Ho freddato mio cognato, ma non me ne pento. Era un uomo da nulla, bastonava la moglie ogni sera ». Olimpio Oliva, 48 anni, l'omicida, e Peppino Montanaro, 40 anni, la vittima, amici fin dai primi anni di servizio nel corpo degli agenti di custodia, avevano sposato due sorèlle. A presentare la futura moglie a Peppino Montanaro era stato Olimpio Oliva che, preso a ben volere il collega più giovane, aveva pensato di favorirne l'incontro con la sorella della moglie.

I due s'erano poi sposati e, sebbene il matrimonio avesse dato loro tre figli, l'unione non poteva dirsi riuscita. Da tempo ormai Olimpio Oliva si vedeva accusare dalla moglie di essere il principale responsabile dell'infelicità della sorella. Questo pomeriggio, alle 17, Olimpio Oliva s'è presentato al corpo di guardia della «Caserma delle Mantellate », che è ai piedi del Gianicolo, in un edificio dell'ex carcere femminile, dove ormai risiedono abitualmente gli agenti di custodia in servizio nel vicino carcere di Regina Coeli e ha chiesto di parlare con il cognato. Olimpio Oliva, che da alcuni mesi è in licenza di convalescenza, per una grave forma d'esaurimento nervoso, indossava abiti borghesi e l'agente di guardia al portone, mostrando il tesserino del ministero di Grazia e Giustizia, aveva detto: Sono un collega, vorrei parlare con Montanari. Quando Peppino Montanari è arrivato. Olimpio Oliva aveva in mano un certificato medico e, mostrandolo al cognato, ha dichiarato: « Sei stato tu a picchiare tua moglie? ». L'altro ha risposto: « Per un graffio è andata a farsi medicare in ospedale: è una povera scema. Stasera, a casa, faremo i conti ». E' stato a questo punto che l'agente Oliva ha estratto la rivoltella e ha esploso tre colpi contro il cognato: due proiettili si sono conficcati nel torace; il terzo, esploso a breve distanza, quando l'uomo era già a terra, l'ha raggiunto alla testa, finendolo.

Al sostituto procuratore Mario Bruno, convocato dal direttore di " Regina Coeli ", l'omicida ha spiegato perché ha ucciso il cognato. Ha detto: « Non ho usato la pistola d'ordinanza perché la considero sacra: non potevo sporcarla con il sangue d'una carogna ». Ha aggiunto d'aver acquistato stamane la rivoltella da un armaiolo di Velletri, la cittadina del Castelli romani dove Olimpio Oliva risiede con la moglie e i tre figli. il magistrato, al termine delle prime indagini, ha trasmesso gli atti dell'inchiesta al Procuratore militare al quale spetta la competenza. L'Oliva è stato rinchiuso nel carcere militare di Forte Boccea. L'accusa è di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione.

La Stampa 5 settembre 1972
 


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