Girolamo Minervini, il Capo DAP ucciso dalle BR il 18 marzo 1980: sapeva di morire e rifiutò la scorta per non esporre i poliziotti
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CADUTI Girolamo Minervini, il Capo DAP ucciso dalle BR il 18 marzo 1980: sapeva di morire e rifiutò la scorta per non esporre i poliziotti 18/03/2020 

La mattina del 18 marzo 1980 un gruppo di fuoco delle Brigate Rosse uccise a Roma il Magistrato Girolamo Minervini a bordo di un autobus, il numero 991, in via Ruggero di Lauria, mentre si recava al lavoro. Il giorno precedente, Girolamo Minervini era stato nominato dall'allora Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena (l'attuale Capo DAP) del Ministero della Giustizia.

UN GENERALE NON PUO' RIFIUTARE UN POSTO DOVE SI MUORE

I suoi precedessori, Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione, erano stati entrambi nel mirino delle Brigate Rosse ed erano stati uccisi. Per lui, si volevano prendere misure straordinarie. Minervini rifiutò la scorta. Era consapevole di essere nel mirino delle brigate rosse – il suo “dossier” era stato trovato tempo prima in un covo – ma non ha, per un solo momento, pensato di rinunciare all’incarico che, ne era certo, gli sarebbe costato la vita. Aveva rifiutato la scorta per non sacrificare, insieme alla sua, la vita di altre persone: al questore di Roma, Augusto Isgrò, suo vecchio amico, che da tempo insisteva per fargli accettare la protezione armata, rispose: “non intendo far ammazzare tre o quattro ragazzi”.

Lucidamente ne aveva parlato a suo figlio Mauro che, in una breve nota sul padre, ha scritto: “Il 16 marzo 1980… mi venne a trovare…. Mi confermò che ormai la nomina a Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena era certa e che, in tal caso, lo era quasi altrettanto l’esecuzione della sentenza di morte da parte delle Br. Mi illustrò ove fosse la polizza assicurativa e quali fossero le provvidenze per mia madre, alla quale mi chiese di stare vicino. …. Con toni molto pacati e tranquilli mi chiarì che ‘in guerra un Generale non può rifiutare di andare in un posto dove si muore’ e che in fin dei conti non era lui tipo da morire d’influenza”.

Girolamo Minervini, magistrato ucciso dalle BR il 18 marzo 1980

LA CARRIERA DI GIROLAMO MINERVINI

Nato a Teramo il 4 maggio 1919, Girolamo Minervini entra in Magistratura nel 1943. Già in giovane età, negli anni dal 1947 al 1956, è assegnato al Ministero di Grazia e Giustizia – Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena – dove dirige, nell'ultimo periodo, l'Ufficio II (personale degli Agenti di Custodia). Trascorre, quindi, un lungo periodo presso la Procura generale della Cassazione in qualità di applicato prima di tribunale e poi di appello; nel 1968 viene nominato segretario presso il Consiglio Superiore della Magistratura. Dopo un breve periodo, durante l'anno 1973, nel quale presta servizio presso la Corte di Appello di Roma in qualità di consigliere, fa ritorno al Ministero di Grazia e Giustizia con funzioni di capo della segreteria della Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena. Quindi, nel novembre 1979 era ricollocato in ruolo e destinato alla Procura Generale della Cassazione con funzioni di sostituto.

L'AGGUATO A GIROLAMO MINERVINI

Sono circa le 8:15 del mattino del 18 marzo 1980. È martedì. Girolamo Minervini esce dalla sua abitazione, in via Balduina 135, a Roma. Un saluto alla portinaia e si avvia verso la fermata dell’autobus. Dopo qualche minuto, mosso più dal traffico romano che non dal suo motore, arriva la vettura della linea 991. Minervini sale e si posiziona sul fondo, vicino alla macchinetta obliteratrice. L’autobus inizia la sua corsa. Cinque fermate e raggiunge via Ruggero di Lauria. Alla fermata, il bus si ferma e si aprono le porte. Un’auto lo sorpassa a destra mentre si sta fermando. Dall’auto escono due uomini, Francesco Piccioni e Sandro Padula, che salgono sul bus. All’improvviso, il forte rumore dei colpi di un’arma da fuoco rimbomba all’interno dell’autobus. Girolamo Minervini è colpito. Si accascia aggrappandosi alla macchinetta obliteratrice mentre il suo impermeabile si colora del suo sangue. Panico sull’autobus, partono altri colpi di pistola che feriscono tre persone, una di queste è un ragazzo di sedici anni. Piccioni e Padula fuggono a bordo di un’altra auto che era in attesa poco più avanti della fermata dell’autobus.

Girolamo Minervini era un servitore dello Stato che pagò con la vita il suo senso del dovere in difesa delle Istituzioni. Lasciò la moglie Orietta e i figli Ambra e Mauro.

In sua memoria è stata intitolata l'Aula Magna del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.

 


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