Sedata a stento una rissa nel terzo raggio della prigione che ha richiesto l'intervento di agenti di rinforzo - Dieci reclusi hanno dovuto ricorrere alle cure dell'infermeria - Si contendevano la morbosa amicizia di Hans Jurgen, il giovane tedesco assassino del cameriere a San Siro.
Milano, mercoledì sera. Che cosa avviene a San Vittore? Il carcere di Milano è sempre più sovente alla ribalta della cronaca, per una serie di atti d'insubordinazione violenta che dimostrano, in modo evidentissimo, la turbolenza sempre più grave dei suoi « ospiti ». Negli ultimi tempi si è passati da due brevi rivolte dei detenuti (particolarmente grave quella del 6 agosto scorso) al tentato suicidio di Donato Lopez, il gangster-omonimo rinchiuso in cella ^'isolamento. Solo oggi è trapelata, infine, la notizia di un nuovo sconcertante fatto, che risale all'agosto scorso: una furibonda rissa si è scatenata alle 9 di quella mattinata domenicale fra i carcerati del « terzo raggio » ed ha avuto come conseguenza il ricovero di dieci di essi in infermeria.
Stando alle informazioni filtrate attraverso le pareti del carcere, non perfettamente impermeabili, a determinare la rissa sarebbe stato Hans Jurgen, il tedesco diciannovenne che il 6 luglio scorso assassinò il cameriere Raimondo Calabretia, colpendolo al capo con una pietra fino a provocarne la morte, al termine di un convegno sulla « montagnetta » di San Siro. Due gruppi di detenuti del « terzo raggio », infatti, si disputavano l'amicizia particolare del giovanissimo tedesco, un soggetto corrotto i cui precedenti erano tali da consigliarne l'isolamento se non altro per ragioni di buona disciplina interna. I torbidi legami tra detenuti sono una vergognosa piaga della vita penitenziaria e la presenza 'li uno «sbarbato » (così vengono chiamati nel gergo delle galere i giovani detenuti disposti ad accettare certe infamanti proposte) era un sicuro fomite di basse rivalità. Quello che si poteva torse prevedere ed evitare si è verificato.
Dopo una serie di scaramucce, quel giorno i due gruppi che si contendevano la compagnia del biondo tedesco si sono affrontati a viso aperto. La zuffa, violentissima, è stata faticosamente sedata dalle guardie del carcere e da altri agenti chiamati di rinforzo, che sono riusciti, infine a far rientrare i reclusi nelle loro celle. Dieci carcerati hanno dovuto, come s'è detto, essere ricoverati in infermeria per lesioni che si erano inferte a colpi di gavetta. Eccone i nomi: Gianfranco Casagrande, Carmelo Faldelli, Giuseppe Arma, Aldo Usai, Giorgio Bandlno, Biagio Di Stefano, Salvatore Traversino, Giuseppe Barbaro. Vittorio Lanfranchi e Giulio Gentile. Nei loro confronti la magistratura ha aperto un procedimento per rissa aggravata.
Alcuni sono stati nel frattempo proposti per ii trasferimento in altre case di pena.
La Stampa, 4 settembre 1968