Commandos fascisti dislocati in almeno dieci punti d'Italia (4 al Nord, 3 al Centro e 3 al Sud) avrebbero dovuto gettare, dai primi di maggio fino alla «liberazione» di Freda e Ventura (in foto), l'Italia nel panico assoluto: attentati ai treni, assalti nelle sedi dei partiti democratici, stragi tra la popolazione inerme.
Un piano eversivo progettato da tempo che univa (se mai ci fossero stati dubbi) il «Mar» alle «Sam», «Avanguardia nazionale» a «Ordine nero - Anno zero» (l'emanazione del disciolto «Ordine nuovo»). Si cominciano a tirare le fila delle indagini. E ci sono riscontri obiettivi: spostamenti di gruppi paramilitari e di corrieri del tritolo; azioni terroristiche a ripetizione (ricordiamo i tentativi di deragliamenti compiuti all'inizio di maggio in Abruzzo; quello fallito tre giorni fa a Catania; l'ultimo di stanotte sulla ferrovia Sondrio-Milano). Le bande armate fasciste avevano dichiarato «guerra allo Stato »: conosciamo ora i nomi di almeno quattro «commandi»: Kim Borromeo, Carlo Fumagalli, Giancarlo Esposti, Rosario Spina. Quest'ultimo, catanese di 23 anni, si troverebbe a Gorizia (dove dirige dal '73 il «Fronte della gioventù »: la organizzazione studentesca missina). Nel '70, ritenuto responsabile di un attentato dinamitardo all'università catanese, fu condannato a due anni e mezzo e assolto poi in appello per insufficienza di prove.
I capipattuglia potevano e possono contare su gruppi di sei-sette giovanissimi, esaltati e imbevuti di mistica fascista. Le «Sam» (Squadre d'azione Mussolini) non sarebbero altro che l'apparato militare del piano eversivo che doveva trovare appoggi in manifestazioni civili. Un esame attento della jeep trovata accanto alla tenda del «campo Rascino» svela due particolari interessanti: su di un lato è dipinto a fuoco il simbolo della divisione «Folgore» dei paracadutisti; sulla parte posteriore destra c'è, sempre dipinta a fuoco, una «bandiera» verde, nera e rossa: nel riquadro centrale, quello nero, c'è il numero tre (in bianco). La «Land Rover» sarebbe quindi «l'unità tre» di combattimento, munita di potente radio rice-trasmittente. Una jeep analoga (che portava però il numero uno) è stata vista a Roma agli inizi di quest'anno.
Altro punto al vaglio degli investigatori è il possibile collegamento tra l'organizzazione fascista e il cosiddetto gruppo «Arancia meccanica», gruppo clandestino che opera all'interno delle carceri. La tentata evasione di Kim Borromeo di questa notte ha portato a questa ipotesi: il Borromeo (l'uomo che trasportava un'impressionante quantità di tritolo in Valtellina) aveva avuto da qualcuno una lima per segare le sbarre. Segno questo di amicizie interne al carcere.
C'è poi un rapporto informativo su «Arancia meccanica» pervenuto al ministero di Grazia e Giustizia nei primi giorni di aprile. Il rapporto (stilato da carabinieri, polizia e magistrati) parlava di programma «sovversivo» con esplosione simultanea di rivolte a partire dalla vigilia del referendum del 12 maggio. Il 9 di quel mese, ricordiamolo, avvenne la tragedia di Alessandria.
L'agenzia «Ansa» il 29 maggio alle ore 19,17 dava notizia che era scattata una misura di preallarme in tutte le carceri italiane: venivano rafforzati i servizi di vigilanza e bloccati i permessi degli agenti di custodia. Grazie a queste disposizioni la notte scorsa è stata sventata la fuga del Borromeo. Colleghiamo ora le intenzioni di «Arancia meccanica» al foglio di carta carbone da cui gli investigatori hanno ricavato il testo del proclama di «guerra allo Stato» in cambio i della liberazione dei «camerati» Freda e Ventura. Pensiamo al fatto che Kim Borromeo, in carcere, aveva rifiutato di essere messo con i «politici» e che per l'evasione aveva potuto contare sull'appoggio di due delinquenti «comuni», arrestati per rapine. Voci circolanti con insistenza negli ultimi tempi possono ora trovare credito: le bande armate fasciste si autofinanziavano con le rapine alle banche? Questo il quadro come appare stasera.
Le indagini mirano anche alla individuazione di mandanti locali, finanziatori dei gruppi «Sam» di zona; alla ricerca dei posti di provenienza di esplosivi e armi da guerra, in dotazione al nostro esercito e alla Nato. Questa sera si parla di un capo delle «Sam» a Pescara e di signorotti di Rieti, Terni, l'Aquila, Pescara e Teramo, abituali finanziatori dei gruppi paramilitari clandestini. Le «Sam» sarebbero organizzate come unità operative autonome: un capo e i suoi kamikaze. Questi ultimi non conoscono nessun altro. I «comandanti» hanno una sigla da radioamatore e sono in contatto fra loro, due o tre per volta. I finanziamenti avvengono tramite corrieri o rivelazione di depositi di armi e munizioni.
La Stampa 2 giugno 1974