Foggia, omicidio-suicidio: forse è stata una strage premeditata, di solito non portava a casa la pistola
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NOTIZIE Foggia, omicidio-suicidio: forse è stata una strage premeditata, di solito non portava a casa la pistola 14/10/2019 

Ciro Curcelli, l'Assistente Capo Coordinatore di Polizia Penitenziaria che ha ucciso la moglie e le due figlie nel sonno con la sua pistola d'ordinanza, non ha agito d'impulso.

Quella è stata una strage pianificata con lucidità (come riporta il sito Repubblica.it), messa in atto nella notte tra venerdì e sabato. Preparata da giorni, come dimostra il fatto che venerdì non ha lasciato al lavoro la pistola calibro 9 d'ordinanza ma l'ha portata a casa, per assassinare nel sonno la moglie Teresa Santolupo (di 52 anni) e le figlie Valentina e Miriana (di 18 e 13 anni).

Un colpo ciascuno e poi la telefonata ai carabinieri: "Ho ucciso mia moglie e le mie figlie, ora mi uccido pure io, venite, ho lasciato la porta aperta". E così l'hanno trovata, la porta dell'appartamento al terzo piano, aperta a mostrare le ragazzine morte nella loro stanza e i coniugi in camera da letto.

Unico superstite il figlio 26enne Antonio, che da anni lavora a Ravenna.

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A lui la sorella Valentina aveva telefonato qualche giorno fa, per raccontare che i genitori negli ultimi tempi litigavano spesso ma l'allarme non era stato tale da far presagire che le discussioni finissero in tragedia. Invece a Ciro qualcosa era successo. E meglio di tutti lo racconta la vicina Anna, quella del quarto piano, che qualche settimana fa lo aveva visto "immobile sul balcone in pantaloncini e senza maglietta, sotto la pioggia, con lo sguardo fisso nel vuoto. Era un uomo taciturno - continua - ma di recente lo vedevo più pensieroso del solito".

E taciturno, è la parola che anche i colleghi usano per descriverlo: l'assistente capo Nicola Calabrese, per esempio, che aveva visto Curcelli fino al mezzogiorno del giorno precedente: "Si infervorava solo quando parlava del Foggia Calcio e delle sue domeniche allo stadio", confermando che il collega non era solito portare l'arma a casa, "spesso la mattina lo vedevo andare in armeria a ritirare la pistola".

Nel carcere di Foggia Ciro prestava servizio da 20 anni, in uno dei reparti più difficili, come spiega un suo collega: "Lavorava nel vecchio reparto detentivo, a contatto diretto con la popolazione detenuta". Turni infiniti tra le celle, in una situazione che - dicono i colleghi - "negli ultimi due anni era diventata ancora più difficile a causa dalle carenze di personale". Situazione in cui avere un'arma in dotazione può diventare pericoloso, come sottolinea un altro collega, che del 53enne era stato comandante per dieci anni: "Il personale della Polizia Penitenziaria ha bisogno di supporto psicologico, perché vive situazioni di forte stress quotidiano e perché maneggia armi. Gli sporadici corsi di sostegno non sono sufficienti". "In strutture come quelle penitenziarie c'è un forte rischio di depersonalizzazione", gli fa eco il presidente dell'ordine degli psicologi della Puglia, Antonio Di Gioia. Poche ore prima della strage di Orta Nova, un altro agente penitenziario di 53 anni, in servizio nel carcere di Piacenza, si era suicidato.

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Che Ciro Curcelli avesse bisogno di aiuto, per uno stato depressivo che lo affliggeva negli ultimi mesi, è apparso chiaro ai carabinieri, che ieri mattina hanno raccolto le testimonianze di parenti e amici e ora si apprestano a ricostruire, tramite il cellulare, le sue ultime settimane. Su quale fosse il motivo scatenante, c'è ancora buio fitto, anche perché non ha lasciato un biglietto o un messaggio di spiegazioni. Di certo c'è che il suo rapporto con la moglie e le figlie era stato sereno fino a poco tempo fa. Che le ragazze avevano una vita tranquilla, una frequentava la seconda media l'altra il quinto superiore, che la moglie non si lamentava di lui né i vicini in passato li sentivano litigare. Anche il fratello di Teresa Santolupo, Matteo, che abita al quarto piano dello stesso palazzo, racconta di averli visti la sera di venerdì e che sembrava "tutto normale".

O forse è così che Ciro voleva che apparissero le cose, in quella che doveva essere l'ultima sera della sua famiglia. A dimostrazione che il massacro sia stato premeditato, ci sarebbe anche il continuo andirivieni dell'uomo, nel pomeriggio di venerdì, dall'abitazione al box al piano terra, dove custodiva l'auto e forse aveva nascosto la pistola.


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