Qui! Group, fino a poche settimane fa il principale operatore italiano dei buoni pasto con una quota di mercato del 20%, è stata dichiarata fallita. Con sentenza 104/2018, depositata oggi, il tribunale fallimentare di Genova - dove la società ha sede - ha rifiutato la richiesta di amministrazione straordinaria presentata dai vertici del Gruppo, accogliendo invece l'istanza di fallimento del procuratore aggiunto Francesco Pinto e del pm Patrizia Petruzziello. I debiti ipotizzato ammontano ad «oltre 325 milioni di euro».
Sono centinaia gli esercizi commerciali, in tutta Italia, che vantano crediti per migliaia di euro nei confronti dell'azienda genovese che fa capo all'imprenditore Gregorio Fogliani per via delle decine di buoni pasto raccolti e mai saldati. E migliaia sono i lavoratori, soprattutto quelli della pubblica amministrazione, che si ritrovano tra le mani 'mazzettè di ticket che non sanno come spendere perché rifiutati dalla piccola e dalla grande distribuzione. Lo scorso 13 luglio la stessa Consip, la centrale d'acquisti della pubblica amministrazione, aveva detto stop ai buoni pasto della società risolvendo la convenzione in Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta, Lombardia e nel Lazio. «Reiterato, grave e rilevante inadempimento delle obbligazioni contrattuali» la motivazione. Lo scorso 7 agosto scorso anche Poste Italiane ha annullato il contratto di fornitura.
«Vedere gli sforzi di un settore così mortificati - sottolinea il direttore di Epat Torino, Claudio Ferraro -, fa male a tutti e deve indurre le forze politiche e il governo a riprendere con una normativa efficace, che curi l'interesse delle piccole imprese ed impedisca fenomeni e sviluppo di mercati, come quello dei buoni pasto, ormai allo scoperto e privi di ogni tutela». Chiede l'apertura di un tavolo di crisi al ministero Andrea Dameri, di Confesercenti Genova, secondo cui «l'accoglimento della tesi della procura apre scenari che vanno ben al di là della mera insolvenza». La preoccupazione è anche per gli oltre cinquecento dipendenti di Qui! Group, oltre duecento soltanto a Genova. In occasione dell'ultima assemblea, prima di Ferragosto, avevano deciso di non proclamare lo stato di agitazione e neppure una o più giornate di sciopero. Ma in una lettera ai vertici societari si erano detti «preoccupati» per la situazione
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