Č possibile ottenere l'invaliditā ed i benefici legati alla causa di servizio per i lavoratori con disturbo depressivo?
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NOTIZIE Č possibile ottenere l'invaliditā ed i benefici legati alla causa di servizio per i lavoratori con disturbo depressivo? 25/07/2018 

Sei depresso e l’ambiente lavorativo, l’organizzazione dell’attività, i ritmi di lavoro ed il comportamento del capo e dei colleghi peggiorano la tua patologia e ti causano un forte stress? Non sempre il datore ne ha la responsabilità ed è tenuto a risarcirti, ma solo quando, innanzitutto, la depressione dipende dal lavoro e non da altre cause; inoltre, la responsabilità sorge quando non sono rispettate le norme ed i contratti collettivi, in merito all’adozione delle misure volte a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti [1]. In caso contrario, le mansioni e gli elementi stressanti dell’attività lavorativa possono essere considerati come semplice fattore di rischio ordinario e generico, senza costituire causa di servizio: in quest’ipotesi non puoi far causa all’azienda, ma soltanto chiedere di essere spostato a mansioni diverse e compatibili col tuo stato di salute. Ad esempio, se fai il commesso o l’addetto all’accoglienza, sei depresso e non riesci a sostenere i rapporti interpersonali, l’azienda non può evitare che tu venga a contatto con la clientela, anche se questo peggiora la tua patologia; se, invece, il tuo stato depressivo è dovuto a stress prolungato, causato da turni di lavoro massacranti o carichi lavorativi massicci, puoi senz’altro pretendere il rispetto della normativa in materia di orario di lavoro e di tutela dell’integrità fisica e morale dei lavoratori. In ogni caso, hai sempre diritto a delle tutele, sia che l’aggravamento della depressione avvenga per colpa del datore di lavoro, sia nei casi in cui la patologia è collegata all’attività lavorativa, pur nel pieno rispetto delle norme di salute e sicurezza da parte dell’azienda. Ma in quali casi si può considerare la depressione come causa di servizio? Facciamo il punto della situazione sulla depressione: che cos’è, si può avere l’invalidità per depressione, si possono chiedere la malattia e la causa di servizio per la depressione?

Che cos’è la depressione?
La depressione, o disturbo depressivo maggiore (Mdd), è una patologia con pari dignità rispetto alle altre infermità, pur risultando cause e sintomi di non facile individuazione. Si tratta di una malattia invalidante che coinvolge ed influenza negativamente non solo lo stato di salute complessivo, ma anche la vita familiare, lavorativa e sociale. L’incidenza della malattia è tale che, in Italia, è stata la prima causa di assenza dal lavoro, nel 2014, ed a soffrirne in tutta Europa sono circa 32 milioni di persone, secondo un sondaggio europeo dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.
Nei casi più gravi, dallo stato ansioso-depressivo può derivare una riduzione della capacità lavorativa, cioè l’invalidità, un handicap, ed addirittura la non autosufficienza.

Che cos’è la causa di servizio?
Per quanto riguarda la cosiddetta causa di servizio, è opportuno, in primo luogo, non fare confusione tra fare causa all’azienda per il mancato rispetto delle leggi in materia di salute e sicurezza e l’istituto vero e proprio della causa di servizio.

L’istituto dell’accertamento della dipendenza della patologia da una causa di servizio è stato abolito dal noto decreto Salva Italia [2], assieme al rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, all’equo indennizzo ed alla pensione privilegiata; per questi istituti rimane solo il diritto a richiedere l’aggravamento per infermità già riconosciute e il diritto ai benefici già acquisiti, a meno che il lavoratore non appartenga:

 

  • alle forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica);
  • all’Arma dei Carabinieri;
  • alle forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo forestale dello Stato e Polizia Penitenziaria) e militare (Guardia di finanza);
  • al comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico.
  • I lavoratori elencati hanno infatti ancora diritto al riconoscimento della causa di servizio e dei relativi benefici.

Per gli altri lavoratori, sia pubblici che appartenenti al settore privato, resta unicamente la tutela prevista dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall’Inail, quindi la possibilità del riconoscimento dell’inabilità derivante da infortunio sul lavoro o malattia professionale.


La depressione può essere una causa di servizio?
Ai fini del riconoscimento della depressione come causa di servizio (nelle ipotesi in cui è ancora prevista), o come malattia professionale, occorre che l’attività lavorativa possa con certezza ritenersi, quantomeno, una concausa che ha determinato la patologia lamentata: quando non si riscontrano episodi eccezionali o particolari disagi ambientali e lavorativi, le mansioni oggetto del proprio rapporto di lavoro costituiscono un semplice fattore di rischio ordinario e generico, che non si trova in rapporto di causalità con la depressione. Ad esempio, la situazione di stress ambientale dovuto a cattivi rapporti con un superiore, secondo i prevalenti orientamenti della giurisprudenza, non rappresenta un fattore decisivo ai fini del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio depressione.
In parole semplici, perché il lavoratore depresso possa essere risarcito dall’azienda occorre dimostrare che la colpa della patologia è del lavoro e non di altre motivazioni, oltre a dimostrare, ovviamente, il nesso causale tra lavoro e depressione e la violazione, da parte del datore di lavoro, delle disposizioni a tutela della salute e dell’integrità psicofisica del dipendente.

A queste condizioni la Cassazione, già in passato, ha riconosciuto la cosiddetta usura psicofisica, come danno non patrimoniale dovuto all’inadempimento contrattuale del datore di lavoro, nel momento in cui viola la normativa e i contratti collettivi in merito all’adozione delle misure volte a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti.

Considerando che la depressione è una patologia psichica, il lavoratore, qualora il medico curante ne ravvisi la necessità, può assentarsi dal lavoro per malattia.

Per quanto concerne le assenze causate da sindrome ansioso-depressiva, gli adempimenti sono gli stessi previsti per la generalità delle astensioni per malattia:

redazione del certificato dal proprio medico curante ed invio dello stesso, telematicamente, all’Inps, entro il giorno successivo dal verificarsi della patologia;
preavvertimento del datore di lavoro, e successivo inoltro del numero di protocollo telematico del certificato (secondo accordi collettivi o individuali).
Il dipendente è poi tenuto alla disponibilità durante le consuete fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, ossia:

 

  • dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00, per i lavoratori del settore privato;
  • dalle 9:00 alle 13:00, e dalle 15:00 alle 18:00, per i dipendenti pubblici.


Il lavoratore depresso si può assentare dalla visita fiscale?
Sono giustificabili le assenze alla visita fiscale dovute all’effettuazione di terapie o visite specialistiche (per le quali il lavoratore dovrà comunque avvertire e fornire idonea attestazione), nonché quelle necessitate.

Ricordiamo, poi, che non esiste obbligo di reperibilità in caso di malattie nelle quali è a rischio la vita del lavoratore, d’infortunio sul lavoro, patologie per causa di servizio, gravidanza a rischio, ricovero ospedaliero ed eventi morbosi correlati all’invalidità attestata, se superiore al 67%. In quest’ultimo caso, dunque, qualora dalla patologia depressiva sia derivata una riduzione della capacità lavorativa superiore al 67%, e l’assenza sia dovuta all’acutizzarsi della patologia stessa, o ad una malattia connessa, il lavoratore non è sanzionabile per la mancata disponibilità alla visita fiscale.

Visto che la depressione, a differenza delle ordinarie patologie, non trova giovamento nella permanenza in luoghi chiusi, come appunto l’abitazione, il lavoratore non può essere sanzionato per essersi recato ad effettuare attività all’aperto, anche ludiche, durante il periodo di malattia: è quanto affermato da una recente sentenza della Cassazione [1], nella quale era stato rigettato il ricorso di una società, che avrebbe voluto licenziare un dipendente poiché sorpreso in spiaggia durante un periodo di malattia. Secondo la sentenza, il recarsi in spiaggia non concretizza un comportamento tale da compromettere lo stato di salute del lavoratore, ma, nel caso della sindrome ansioso-depressiva, al contrario, può aiutare la guarigione: pertanto, non è meritevole di sanzione il lavoratore assente per patologie psichiche che effettua attività di svago.

Può essere riconosciuta l’invalidità per depressione?
Come anticipato, nei casi più gravi dalla depressione può derivare la riduzione della capacità lavorativa. In particolare, per quanto concerne le casistiche più diffuse, relativamente alle patologie depressive, le tabelle dell’Inps relative alle percentuali d’invalidità riconoscibile indicano i seguenti importi:

  • sindrome depressiva endoreattiva lieve: 10% ;
  • sindrome depressiva endoreattiva media: 25% ;
  • sindrome depressiva endoreattiva grave: dal 31% al 40%;
  • sindrome depressiva endogena lieve: 30% ;
  • sindrome depressiva endogena media: dal 41% al 50%;
  • sindrome depressiva endogena grave: dal 71% all’80%;
  • nevrosi fobico ossessiva e/o ipocondriaca di media entità: dal 21% al 30%;
  • nevrosi fobico ossessiva lieve: 15% ;
  • nevrosi fobico ossessiva grave: dal 41% al 50% ;
  • nevrosi ansiosa: 15%;
  • psicosi ossessiva: dal 71% all’80%.
  • Il riconoscimento dell’invalidità deve essere richiesto all’Inps (tramite servizi online, contact center o patronato), ed è effettuato da un’apposita commissione medica.


Le prestazioni che possono essere riconosciute a seguito dell’invalidità in misura inferiore al 100% sono:

l’assegno d’invalidità ordinario, riconosciuto per riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo (quindi per invalidità superiori al 67%), in presenza dei requisiti contributivi (5 anni di contribuzione, almeno 3 anni di contributi versati nell’ultimo quinquennio), e si calcola, al pari della pensione, sulla contribuzione versata (quindi col metodo retributivo o contributivo, a seconda della collocazione temporale dei contributi, e del possesso, o meno, di 18 anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995);
l’assegno d’invalidità civile (assegno di assistenza mensile per invalidi civili parziali), se si possiede un’invalidità superiore al 74% ed un reddito non superiore a 4.853,29 euro (per l’anno 2018); l’assegno ammonta, per il 2018, a 282,54 euro, per 13 mensilità;
inoltre, i lavoratori con invalidità civile riconosciuta in misura superiore al 45%, hanno diritto al collocamento mirato, che consiste nell’accesso ai servizi di sostegno dedicati, e nell’iscrizione alle liste speciali, secondo quanto previsto dalla Legge 68 [3]


Si può ottenere la Legge 104 per depressione?

Da non confondere con l’invalidità, che consiste, come già detto, nella riduzione della capacità lavorativa, è il possesso dell’handicap, che viene riconosciuto a chi ha una disabilità mentale, motoria o sensoriale tale da impedire o limitare notevolmente l’integrazione sociale, lavorativa, personale e familiare.

Qualora il lavoratore depresso sia riconosciuto (dall’apposita commissione medica) portatore di handicap in situazione di gravità [4], avrà diritto a tutti i benefici connessi a tale status dalla Legge 104, la legge quadro in materia di disabilità, quali, ad esempio:

  • permessi retribuiti Legge 104 (diritto di assentarsi per 3 giornate mensili);
  • scelta della sede di lavoro;
  • rifiuto al trasferimento;
  • agevolazioni fiscali (acquisto dell’auto, acquisto di pc e sussidi informatici, detrazione delle spese di assistenza, deduzione delle spese mediche e di assistenza specifica…).
  • Si può ottenere l’assegno di accompagnamento per depressione?
  • Qualora il soggetto depresso si trovi in uno stato tale da essere impossibilitato a compiere gli atti della vita quotidiana senza l’aiuto di un accompagnatore, ha diritto all’assegno di accompagnamento: l’importo dell’indennità di accompagnamento è pari, per il 2018, a 516,35 euro mensili.

Si può ottenere la pensione anticipata per depressione?
Lo stato depressivo, di per sé, non “fa sconti” sui requisiti per la pensione, ma questi sono anticipati qualora dalla depressione derivi una determinata percentuale d’invalidità. Nel dettaglio:

qualora il lavoratore depresso possieda un’invalidità superiore al 74%, ha diritto a 2 mesi di contributi figurativi aggiuntivi l’anno, fino ad un massimo di 5 anni;
qualora il lavoratore depresso possieda un’invalidità superiore all’80%, può anticipare la pensione di vecchiaia: per l’accesso al trattamento sono necessari almeno 60 anni e 7 mesi di età per gli uomini e 55 anni e 7 mesi per le donne, con almeno 20 anni di contributi (15 se beneficiari della deroga Amato o richiedenti l’opzione contributiva Dini). L’anticipo, però, non è valido per i dipendenti pubblici.

laleggepertutti

 


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