Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-02574
presentato da
MULÈ Giorgio
testo di
Lunedì 25 marzo 2019, seduta n. 148
MULÈ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
pochi giorni orsono, nel carcere di Sanremo si è verificato l'ennesimo episodio di violenza in un istituto di pena;
la causa è stata attribuita al sovraffollamento: una decina di detenuti della prima sezione hanno iniziato la loro rimostranza lanciando suppellettili e bombolette di gas accese all'interno del cortile;
la rivolta è stata sedata dal personale della Polizia Penitenziaria che, dopo ore di trattative, è riuscita a riportare in condizioni di sicurezza il carcere, ma questo non senza danni: due agenti sono stati feriti;
dai dati del Ministero della giustizia risulta che tale istituto abbia una capienza regolamentare di 228 persone e, da fonti di stampa, emerge che al momento della ribellione ve ne fossero 270;
inoltre, a fronte di 201 unità di Polizia Penitenziaria previste, ve ne siano effettive soltanto 175 (dati Ministero della giustizia al gennaio 2018);
pare che il recentissimo disastroso crollo del «ponte Morandi» abbia contribuito a implementare le condizioni di sovraffollamento, impedendo i trasferimenti dei detenuti verso Genova;
questo drammatico evento è soltanto l'ultimo dei segnali critici che giungono da un sistema penitenziario che sta, ormai, deflagrando;
vittime ne sono non soltanto i detenuti, ma soprattutto gli operatori del Corpo della Polizia Penitenziaria i quali svolgono un durissimo lavoro in condizioni di endemica carenza di organico;
la funzione polisemica della pena, retributiva, general-preventiva, special-preventiva deve tener conto, nella sua esecuzione da parte dell'amministrazione penitenziaria, dell'obiettivo rieducativo, così come previsto dal comma 3 dell'articolo 27 della Costituzione;
i numerosi interventi legislativi che hanno seguito la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sul famoso caso «Torreggiani», volti a risolvere lo stato di sovraffollamento delle carceri italiane, si sono rivelati a giudizio dell'interrogante inutili oltre che dannosi;
il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ha messo in essere prassi, consistenti, da un lato, nel regime delle «celle aperte», con conseguente possibilità per i detenuti di aggirarsi negli «spazi comuni» con l'intenzione di introdurre sistemi compensativi alle condizioni di sovraffollamento e conseguente possibilità per i detenuti di aggirarsi negli «spazi comuni» ed essere esposti alle personalità più criminali all'interno delle sezioni detentive, dall'altro, nella «sorveglianza dinamica», che rappresenta secondo l'interrogante un mero tentativo di mascherare le citate carenze di organico del Corpo della Polizia Penitenziaria, in forza della quale un unico agente di Polizia Penitenziaria è responsabile di posti anche distanti tra loro, pur rimanendo responsabile di quanto avviene nei diversi luoghi;
le condizioni descritte tratteggiano, ad avviso dell'interrogante, un inquietante scenario di aperta rinuncia dello Stato all'esercizio di una effettiva potestà punitiva;
ciò che emergere è un «sistema penitenziario» assolutamente fuori dal controllo della Polizia Penitenziaria e degli organi ad esso preposti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, quali siano i suoi orientamenti riguardo all'attuale funzionamento del sistema dell'esecuzione penale, e se e quali iniziative ritenga necessario intraprendere a salvaguardia del medesimo.
(4-02574)