Primi 50 detenuti "semiliberi" rispediti a casa in licenza a scontare la loro pena. Lo annuncia Il Riformista in un articolo del quale vi proponiamo alcuni passaggi:
Annamaria Trapazzo dirige da un anno la Terza Casa Circondariale di Rebibbia, circa 80 detenuti, di cui una cinquantina ammessi alla semilibertà o al lavoro esterno. I detenuti raccontano che alle sette di mattina è già al lavoro perché non ama affidare nulla al caso e non vuole farsi cogliere alla sprovvista né dalle avversità né dalle opportunità offerte dal caso. Il suo obiettivo è sgombrare il più presto possibile un settore del carcere da adibire alla quarantena nella malaugurata evenienza di un contagio. La sua missione è alleggerire il peso della detenzione sulla vita dei detenuti e il peso dei detenuti sulla struttura di detenzione. La sua formazione giuridica la porta a mantenere l’equilibrio tra due principi fondamentali: il diritto alla salute e il diritto alla libertà.
Il decreto del Presidente del Consiglio dell’8 marzo, in cui si raccomanda di “valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare”, non era ancora stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale quando lei aveva già iniziato a elaborare il suo progetto, a un tempo, di prevenzione e liberazione: adottare una variazione del programma di trattamento dei detenuti in semilibertà “in modo da evitare l’uscita e il rientro dalle carceri”, come è scritto nel decreto. È andata al Tribunale di Sorveglianza per concertarlo col Presidente. È già tanto che non l’abbiano presa per pazza, perché il regime di semilibertà non prevede il pernottamento fuori dal carcere.
Venerdì scorso i detenuti l’hanno vista all’opera sui loro fascicoli, sabato e domenica ha “precettato” il personale competente per studiarli e suddividerli: da una parte i detenuti che possono uscire per scontare presso il proprio domicilio una pena, anche residua, inferiore a due anni; dall’altra quelli da eventualmente scarcerare con l’affidamento in prova al servizio sociale o con la liberazione condizionale. Per esporre e condividere il piano di decarcerizzazione, lunedì a mezzanotte ha convocato i detenuti che ammettono: «La vediamo sempre in sezione, la sua presenza fisica e il suo sostegno sono per noi importanti, soprattutto in situazioni difficili come queste, in cui abbiamo la sensazione che nessuno si prenda cura di noi».
Annamaria Trapazzo vuole mostrare che invece lo Stato è presente, che sta lavorando per loro. Il dialogo coi detenuti è una sua pratica costante, la chiave di volta per evitare disagi, proteste o violenze, perché il bisogno esistenziale prioritario di un detenuto è quello di essere riconosciuto, ascoltato e sostenuto. Per questo i detenuti hanno deciso di collaborare, di affidarsi a lei e attendere con pazienza, convinti che stava puntando al loro stesso obiettivo.
Così, mercoledì pomeriggio, per nulla imprevisti, sono arrivati i primi provvedimenti dei magistrati di sorveglianza: in attesa di decisioni, provvedimenti e tempi migliori, tutti i detenuti semiliberi sono andati a casa per 15 giorni con possibile rinnovo della licenza. In una sezione di 50 persone sono rimasti solo in quattro, detenuti ammessi al lavoro esterno che per legge non possono usufruire di licenze, ma anche per questi la direttrice è già all’opera. Li ho sentiti alcuni di quelli mandati a casa, felici della licenza e fieri della loro Direttrice, delle tre educatrici, del Garante e dei magistrati di sorveglianza che con lei hanno collaborato.
Leggi l'articolo completo de Il Riformista