Detenuti festeggiano le perquisizioni dei Carabinieri alla Polizia Penitenziaria: la rabbia dei Poliziotti
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NOTIZIE Detenuti festeggiano le perquisizioni dei Carabinieri alla Polizia Penitenziaria: la rabbia dei Poliziotti 13/06/2020 

Festeggiamenti dei detenuti in cella e, la sera, anche fuochi d’artificio fatti esplodere all’esterno dai loro familiari: è successo anche questo, ieri, a Santa Maria Capua Vetere mentre i carabinieri notificavano agli agenti della Polizia Penitenziaria i provvedimenti richiesti dall’autorità giudiziaria che sta indagando sui presunti pestaggi avvenuti lo scorso 6 aprile nell’istituto di pena dopo le rivolte innescate a causa delle restrizioni dettate dall’emergenza sanitaria. I decreti di perquisizione sono 44, cui si aggiungono un’altra decina nei confronti di agenti in servizio a Napoli che quel giorno furono inviati a dare man forte ai colleghi; nel corso delle ultime ore, su questo punto, i carabinieri di Caserta hanno fornito dati confusi e discordanti.

AGGIORNAMENTO 13 giugno 2020

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Le ipotesi di reato, tra le quali figurano anche la tortura e l’abuso di potere, stanno facendo aumentare il senso di abbandono da parte dello Stato che nutrono i poliziotti penitenziari, i quali ormai si sentono «vittime»: soprattutto non riescono a digerire le modalità «spettacolari» adottate per notificare i decreti, con gli agenti fermati dai carabinieri fuori al carcere per essere identificati, anche di fronte ai familiari dei detenuti. Si sfoga per esempio Angelo Bruno, uno degli indagati che sono saliti sul tetto del carcere per protestare: «Non riesco a credere di essere stato indagato per tortura, è una cosa assurda, che mi fa molto male, anche perché non mi appartiene». Bruno è uno degli agenti penitenziari che giovedì, con un gesto eclatante, dal solaio di un padiglione del carcere ha urlato tutta la sua rabbia al procuratore aggiunto di Santa Maria, Alessandro Milita: «Io ho regole da far rispettare e i detenuti le devono rispettare. Ma si è perso pure questo. Io non rappresento più la legalità».

Il poliziotto è ancora scosso: «La sera del 6 aprile - racconta Bruno - volevamo solo ristabilire la legalità, dopo che qualche giorno prima i detenuti ci avevano gettato addosso anche olio bollente, ferendo decine di colleghi: tra i 40 e i 50 poliziotti si sono fatti refertare. Ed invece sembra che ora siamo noi gli aguzzini; noi che ogni giorno dobbiamo lavorare in una situazione di grave precarietà, sotto organico e in una struttura che ospita centinaia di detenuti in più rispetto alla capienza prevista. Sono davvero stanco». Anche ieri tensioni e problemi: un detenuto extracomunitario che si è barricato nella sua cella con un coltello; scene di ordinaria amministrazione in un carcere che non ha ancora l’allaccio alla rete idrica e in cui l’acqua si prende dai pozzi, con rischi per la salute sia delle guardie che dei detenuti.

Il 6 aprile scorso, dopo la rivolta per protestare contro la sospensione dei colloqui, circa 300 agenti della penitenziaria, con rinforzi arrivati da Napoli, entrarono nelle celle sequestrando spranghe ottenute dalle brandine, altre armi improprie; i detenuti lamentarono di essere stati picchiati, partirono le denunce del garante e dei familiari, con degli audio delle presunte violenze consegnati alla tv. Ma dai verbali redatti in carcere di quei giorni, spunta anche l’ipotesi che qualche detenuto possa essersi ferito apposta, con l’aiuto di un altri reclusi, per alimentare la polemica e lo scontro.

Intanto tutte le sigle sindacali hanno proclamato lo stato di agitazione e astensione dalla mensa ordinaria di servizio in tutte le carceri della Campania a partire da ieri: in una nota congiunta hanno annunciato anche «la definizione di ulteriori eventuali forme di protesta in assenza di segnali da parte dei vertici amministrativi». I sindacati definiscono quanto accaduto giovedì «una scena vergognosa, lesiva dei diritti umani e della dignità di un intero corpo di polizia». Nei prossimi giorni, informa ancora la nota, «congiuntamente saremo presenti, senza bandiere di appartenenza sindacale, ma con il tricolore, con un sit-in di protesta pacifica davanti al carcere in segno di solidarietà e vicinanza a tutto il personale ivi in servizio».

corrieredelmezzogiorno.corriere.it

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