I vertici dei servizi segreti guidati da Bruno Contrada andavano a pranzo con quelli della procura di Caltanissetta durante le prime indagini sulla strage di via d’Amelio. Incontri conviviali con magistrati e 007 seduti allo stesso tavolo mentre si andava delineando quello che i giudici della corte d’Assise nissena hanno definito come uno “dei più grandi depistaggi della storia italiana“. A raccontarlo è uno dei pm che a quegli incontri partecipò di persona: Carmelo Petralia, sostituto procuratore applicato a Caltanissetta subito dopo le strage di via d’Amelio. “Fu un pranzo all’Hotel San Michele a Caltanissetta, al quale partecipammo: il procuratore capo, l’aggiunto, io ed altri colleghi della distrettuale, tra applicati e titolari. E c’erano i vertici del Sisde, tra questi, questo signore dai capelli bianchi, che io non avevo mai visto, se non forse in fotografia che, poi, insomma, seppi essere Contrada. C’erano anche un po’ di battute, c’era molta, non dico familiarità, comunque, un ambiente dove tutti gli altri si conoscevano abbastanza bene”.
Un fatto inedito emerso durante l’audizione del magistrato davanti alla commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana. Il presidente, Claudio Fava, ha aperto un’indagine dedicata alla strage che ha ucciso il giudice Paolo Borsellino. Una decisione successiva al deposito delle motivazioni dell’ultimo processo, il Borsellino Quater, nata proprio per focalizzare l’attenzione dei commissari siciliani sul depistaggio delle prime indagini su via d’Amelio. Alla sbarra attualmente ci sono i poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei: accusati di calunnia in concorso, per la pubblica accusa sono gli agenti che indottrinarono il falso pentito Vincenzo Scarantino.
Il lavoro della commissione Fava, però, punta più in alto: alle ingerenze nelle indagini dei servizi segreti, all’epoca guidati da Bruno Contrata. E su questo hanno puntato alcune delle domande rivolte a Petralia, audito l’11 ottobre a Palazzo dei Normanni. A cominciare dalla nota del Sisde dell’10 ottobre del 1992, che conteneva una dettagliata radiografia con tutto ciò che, al tempo, risultava alle forze dell’ordine su Vincenzo Scarantino e i suoi familiari, con i precedenti penali e giudiziari a carico degli stessi. Compresi i rapporti di parentela e le affinità con esponenti delle famiglie mafiose palermitane. Quella nota è un atto fondamentale del depistaggio perché comincia a costruire il curriculum criminale di Scarantino, che in realtà era solo un balordo di borgata.
Perché i servizi collaborarono in maniera così decisiva al depistaggio? E i magistrati attivi all’epoca a Caltanissetta avevano percezione del coinvolgimento degli 007 nelle loro indagini? “Sì. Io ne ebbi una chiara, proprio, una plastica, materiale percezione perché vi fu un incontro a cui venni invitato a partecipare”, ha raccontato Petralia rievocando il pranzo con Contrada. Un incontro successivo alla nota del Sisde, che tra l’altro era stata richiesta espressamente da Giovanni Tinebra, all’epoca procuratore capo di Caltanissetta. “A me il fatto che sia stata fatta una richiesta al Sisde, espressamente, di dare un contributo alle indagini – cosa assolutamente anomala per una procura – sfuggiva”, dice Petralia, spiegando di avere appreso questa coincidenza solo successivamente.
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