Vaglio della Corte costituzionale sul divieto, previsto dall'articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario, per i detenuti in regime differenziato, di scambiarsi oggetti anche tra appartenenti allo stesso "gruppo di socialità".
I giudici della Consulta, martedi' prossimo, in camera di consiglio - in base alle regole adottate in questa fase di emergenza Covid-19 - affronteranno la questione sollevata, con due ordinanze, dalla Cassazione, secondo la quale il divieto di scambio di oggetti tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità determinerebbe, in "violazione" dell'articolo 3 della Costituzione, una "ingiustificata disparità di trattamento" rispetto ai detenuti in regime ordinario: tale divieto, si sostiene nelleordinanze di rimessione, avrebbe esclusivamente "portata afflittiva", e non potrebbe ritenersi "funzionale" a rescindere i collegamenti ancora attuali sia tra i detenuti che appartengano a determinate organizzazioni criminali, sia tra gli stessi e gli altri componenti del sodalizio che si trovano in libertà.
Secondo la Cassazione, inoltre, la "comune appartenenza al medesimo gruppo di socialità", consentirebbe "a monte" lo scambio di qualunque contenuto informativo e il divieto previsto dall'articolo 41 bis sarebbe "in contrasto" anche con il principio della finalità rieducativa della pena, enunciato dall'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, in quanto impedirebbe anche quelle "forme minimedi socialità" che si estrinsecano nello "scambio di oggetti di scarso valore e di immediata utilità o di generi alimentari" tra "persone che si frequentano 'senza filtri' ogni giorno e in una prospettiva di normalità di rapporti interpersonali".
AGI