Niente a che vedere con la grande festa che solitamente si celebra in mezzo agli abbracci di parenti, fidanzate e amici arrivati a Verbania da tutta Italia nel cortile della scuola penitenziaria di Pallanza o – come la scorso luglio – sul lungolago con la banda, la tribuna delle autorità, fotografi e telecamere. In tempo di coronavirus il giuramento dei 52 allievi del 176° corso di Polizia Penitenziaria, ora diventati agenti, si è svolto in forma strettamente riservata, nell’aula magna della scuola che ha preso il posto della struttura che un tempo erano i «barabitt», il riformatorio della zona. Tutti ordinatamente distribuiti per osservare le distanze di sicurezza anticontagio sotto gli occhi della direttrice Liliana Chiarlone.
Nessun lancio in aria dei baschi azzurri, che accompagna la fine della cerimonia seguita con grande emozione da genitori, fratelli, nonne e zie, ma un giuramento collettivo che comunque mette il punto sul percorso formativo durato 9 mesi, comprensivo di tirocini in carcere.
Li attende un lavoro non semplice. Tempo qualche giorno e si uniranno ai colleghi in servizio nelle case circondariali di tutto il Paese, in un frangente segnato da proteste e rivolte nei penitenziari.
Lo stendardo del corso regalato al medico dell’istituto penitenziario
Prima di lasciare la scuola «Salvatore Rap di Verbania», con l’ultima alzabandiera in riva al lago Maggiore, i 52 neo-agenti hanno voluto ringraziare il medico dell’istituto Fabio Quarta donandogli lo stendardo del corso. Un omaggio simbolico inteso anche come un segno di riconoscenza a tutti gli operatori sanitari impegnati in prima linea nel combattere l’attuale emergenza sanitaria.
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