Consegnata ieri da Leone alla famiglia la medaglia d'oro a Graziella Giarola
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STORIA Consegnata ieri da Leone alla famiglia la medaglia d'oro a Graziella Giarola 07/11/1974 

L'assistente sociale fu uccisa nel carcere di Alessandria durante la rivolta - Era entrata spontaneamente nelle celle per placare i detenuti. «Alla memoria di Graziella Vassallo Giarola, assistente sociale volontario ostaggio di forsennati detenuti in rivolta, faceva consapevole olocausto della propria vita - stroncata con feroce freddezza - in odio alla sua civile missione. Alessandria, 10 maggio 1974». Queste parole sono incise sul trofeo consegnato stamane dal presidente Leone ai familiari della giovane, una medaglia d'oro ohe raffigura l'Altare della Patria. Alla cerimonia, svoltasi nel salone degli Specchi del Quirinale, sono intervenuti i componenti il comitato del premio, accompagnati dal loro presidente onorevole Andreotti, l'onorevole Gonella, il Consiglio direttivo del gruppo medaglie d'oro al valor militare, il sottosegretario alla Giustizia Pennacchini e il sindaco di Casale avvocato Motta. Il capo dello Stato, ha detto: «Pongo sul piano dei più alti gesti patriottici quello di Graziella. Con lo stesso impeto di difendere le istituzioni ha compiuto uno dei sacrifici più significativi della nostra epoca». Certi episodi criminosi coinvolgono le responsabilità dell'intera società: «Perciò, ha rilevato Leone, esempi come quello di Graziella Vassallo Giarola devono costituire un monito per rafforzare quei valori il cui rispetto è alla base di ogni ordinamento civile. In questa umile e generosa assistente sociale noi vediamo il simbolo di quei cittadini, a volte sconosciuti, che elevando il senso del dovere fino al sacrificio, assurgono all'eroismo e danno senso ai grandi valori dello spirito umano». Graziella Vassallo era nata trent'anni fa a Casale Monferrato. Assistente sociale, durante un lungo soggiorno in Canada aveva conosciuto il professor Giovanni Giarola con il quale si era sposata ed era tornata in Italia. Ad Alessandria lavorava alla procura della Repubblica con il compito di reinserire gli ex carcerati nella società: un incarico che svolgeva come una missione incurante delle difficoltà che doveva affrontare. La conclusione della sommossa nel penitenziario di piazza Don Soria è agghiacciante: sei morti e quindici feriti. Nel pomeriggio del 10 maggio, alle 17, il procuratore generale della Repubblica Della Veneria decide di passare all'azione. In uno sgabuzzino del carcere sono ammassate 19 persone: tre banditi, Cesare Concu, Everardo Levrero e Domenico Di Bona e sedici ostaggi. Gli agenti lanciano una granata lacrimogena; la reazione dei ribelli è immediata: scaricano le armi sugli ostaggi e uccidono due guardie carcerarie.
I carabinieri irrompono nel corridoio dell'infermeria, fanno fuoco. Cade Domenico Di Bona, uno dei rivoltosi. Cesare Concu; il «capo» della ribllione, trascina Graziella Vassallo in una toilette e la uccide con un colpo di pistola alla gola. Il suo corpo, su una barella, viene portato fuori nascosto da una coperta. Scoperta vi è soltanto una mano con la fede. Un'altra lettiga è caricata su un'ambulanza, trasporta Cesare Concu, con il petto trapassato da un proiettile. Il bandito morirà qualche ora dopo al centro di rianimazione dell'ospedale. Pochi minuti prima, il marito, Giovanni Giarola, gli occhi carichi d'ansia, diceva con tono sommesso: «Chissà , speriamo; perché dovrebbero uccidere proprio la mia Graziella?».

La Stampa, 7 novembre 1974


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