Giuseppe Di Gennaro è ancora prigioniero dei Nap. Le richieste dei Nuclei armati proletari erano state accolte: Panizzari, Zichitella e Sofia erano arrivati a destinazione. II magistrato rapito quattro giorni fa poteva dunque tornare a casa. Invece, una nuova richiesta, e una seconda provocazione. I Nap vogliono che un loro compagno, "Sergio D" sia interrogato alla presenza di un avvocato, in quanto non avrebbe goduto dei diritti della difesa. Polizia e carabinieri stanno cercando nei loro archivi, ma non trovano nessuno che, arrestato o fermato, porti questo nome. E i terroristi hanno posto un ultimatum: domani mattina. Se Sergio D. non sarà rintracciato e interrogato, la vita del giudice sarà compromessa. Queste le ultime, drammatiche novità.
I Nap hanno il coltello dalla parte del manico e comandano il giuoco, terribile, dell'attacco frontale alle istituzioni del Paese. Sembrava che tutto stesse per risolversi felicemente e in poco tempo, invece c'è questa seconda richiesta, incomprensibile. Chi è “Sergio D.”? Qualcuno forse arrestato con altro nome? Negli archivi e negli schedari della polizia e dei carabinieri non risulta. La svolta di queste ultime ore è nata nel tardo pomeriggio. Mentre Martino Zichitella, Giorgio Panizzari e Pietro Sofia arrivavano a destinazione sotto la scorta armata dei carabinieri, i terroristi si facevano vivi con una telefonata al Messaggero: “C'è un nastro nel portone di via Sistina 109”, e attaccavano il microfono. Sul posto si è recato il giornalista Peppe Di Dio che ha trovato la bobina. Era la voce di Di Gennaro: “State sbagliando tutto, state compromettendo la mia situazione. La polizia ha arrestato Sergio D. e lo sta interrogando senza garantirgli i diritti della difesa. Dovete interrompere l'interrogatorio e avvertire un avvocato tra questi che vi diciamo: Adolfo Gatti e Giuseppe De Luca del foro di Roma: Domenico Pisapia del foro di Milano. Solo alla presenza di uno di questi legali l'interrogatorio potrà cominciare”.
E' una nuova provocazione? I “nappisti” vogliono prendere tempo e dettare nuove condizioni? Come hanno saputo del fatto? Immediatamente giunge la smentita dei carabinieri e della polizia: da 24 ore, da quando con il primo messaggio i Nap hanno rivendicato il sequestro del magistrato, nessuna persona con il nome indicato nel nastro è stata arrestata o fermata. Si ripiomba nel silenzio. La polizia ufficialmente non svolge indagini. Si sa però che a disposizione dei nuclei antiterrorismo, degli uffici politici e del comando generale dei carabinieri c'è tutto il dossier che riguarda i Nap, con i nomi delle persone che risultano implicate nel movimento. Si cerca la moglie di Panizzari: con ogni probabilità è la donna che ha tenuto il contatto radio con i tre carcerati e avrebbe dato il segnale dell'azione. Potrebbe essere lei ad aver telefonato al carcere per il primo messaggio. I nuclei armati proletari che conducono le ostilità sarebbero due: sei persone in tutto. Un terzetto che tiene Di Gennaro in una “prigione del popolo” e un trio che cura il “servizio stampa”.
Dove sono? Finora ci sono tre piste: le due cabine telefoniche di piazzale Flaminio e di piazza San Pietro; il portone di via Sistina. Un covo dei Nap, secondo la polizia, potrebbe non essere lontani dal centro storico. Mentre non si hanno più notizie della sorte di Giuseppe Di Gennaro gli investigatori sono impegnati al lavoro: si stanno esaminando le foto “polaroid” scattate al giudice per vedere quando sono state fatte. Si cerca di risolvere il rebus del “volantino n. 1”, battuto a macchina, nel quale sono stati lasciati in bianco alcuni spazi poi riempiti a penna: per il nome del magistrato e soprattutto per la sigla Nap. Che significa? Questi volantini sono forse “schede” prefabbricate per altri rapimenti e altre azioni terroristiche in altre carceri? Come potevano prevedere che l'azione di Viterbo non avrebbe portato alla liberazione dei tre ma solo al trasferimento?
L'ipotesi che si fa strada è che soldi e cervello dei Nap siano a Roma. Chi muove le fila dell'organizzazione dovrebbe avere in mano circa ottocento milioni, quello che resta del miliardo realizzato dai Gap nel dicembre scorso con il sequestro Moccia. Alle 21,30 si viene a sapere che il nastro trovato dai giornalisti del Messaggero è stato sequestrato dal dottor Paolino Dell'Anno, il magistrato che conduce le indagini. Il testo del messaggio non è stato reso noto ufficialmente conterrebbe anche una seconda parte, segreta.
Alle 22 i carabinieri annunciano che hanno sospeso ogni movimento. La polizia non parla. E' il segno che la liberazione del magistrato è in atto? La giornata si chiude con questo interrogativo. Era cominciata, a Roma, con la telefonata alle 9 alla famiglia Di Gennaro: era l'assicurazione che il giudice sarebbe stato liberato, una volta accettate tutte le richieste dei Nap. L'attesa angosciante per la vita di un uomo continua.
La Stampa 11 maggio 1975