Ieri un pericoloso rapinatore «detenuto modello» lasciato solo a lavorare nell'alloggio di un sottufficiale è scappato passando di corsa davanti agli agenti. Nel carcere si fanno continui lavori - Fra poco si potranno ospitare soltanto 250 detenuti
Non hanno avuto sinora alcun esito le ricerche di Cosimo De Palo, 31 anni, il rapinatore fuggito ieri pomeriggio dalle «Nuove». Una evasione sconcertante, in canottiera e calzoni da detenuto a righe, attraverso la porta principale. Nessun piano ingegnosamente architettato, nessuna breccia nel muro, nessuna corda con lenzuola annodate come vuole la centenaria tradizione dette fughe dal carcere. Proprio la facilità dell'evasione induce a pensare che pi siano precise responsabilità.
Il De Palo, alle «Nuove» dall'aprile dello scorso arino con i cinque compagni con cui aveva rapinato una lunga serie di banche e uffici postali, era-Quel che si definisce «un detenuto modello». Proprio per questo era stato scelto per fare parte di una delle « squadre » che vengono adibite a lavori di manutenzione nell'interno del carcere. Cosimo De Palo apparteneva al gruppo degli elettricisti. Niente di, irregolare in questo: gli stessi detenuti chiedono di lavorare, per vincere l'abbrutimento della vita in carcere e per guadagnare i pochi soldi stabiliti per le loro prestazioni dalle tariffe ministeriali.
L'irregolarità pare si sia invece verificata dal fatto che il De Palo è stato lasciato solo a montare fili elettrici nell'alloggio (per giunta nel primo cortile e quindi più vicino all'uscita) dove abitava il dott. Saviotti, un funzionario che è andato in pensione. Nell'appartamento si installerà, quando saranno terminati i lavori di restauro, un sottufficiale degli agenti di custodia. Vistosi solo e così vicino alla libertà, il De Palo ha aspettato che venisse aperto il cancello elettrico installato recentemente a sostituire quello manuale, vecchio di cento anni. Velocissimo, ha abbandonato l'alloggio, si è infilato nel varco ed è passato di corsa davanti agli occhi degli agenti, che presidiano la porta carraia su corso Vittorio. Da lì, ha raggiunto Porta Susa ed ha fatto perdere le tracce nell'intrico dei vagoni in sosta nella stazione. « Potrebbe essere la prima fuga di una lunga serie —, commenta chi conosce bene le "Nuove" —. Il cancello comandato elettricamente, infatti, permette di nascondersi dietro un'anta mentre l'altra scorre. La posizione del l'agente che manovra l'apparecchiatura non lascia una visione completa di ciò che succede nella parte interna del cortile ».
Le possibilità di fughe saranno aumentate a quanto si dice, da un altro « ammodernamento » cui si darà prossimamente mano con la costruzione di nuovi parlatori verso il corso Vittorio, in sostituzione di quelli che danno su via Boggio. « Un'altra breccia nelle mura già poco sicure del carcere ». Ai di là dei problemi di prevenzione delle fughe si ripresenta ancora una volta l'interrogativo sull'opportunità di continuare a investire milioni per «migliorare» un carcere decrepito e del quale da decenni si chiede la demolizione. Si è strappato un preciso impegno al ministero di un primo contributo per le nuove prigioni alle Vallette ma alle « Nuove » si continuano i lavori. Terminati i restauri in una metà del carcere, si dovrebbe cominciare a lavorare tra poco nell'altra metà ma non si è tenuto contò di una semplice realtà aritmetica': la parie nuova è stata strutturata per 250 detenuti, gli ospiti nelle «Nuove» sono attualmente circa 600. Per 350 di loro non ci sarà posto. Saranno necessari altri trasferimenti in massa che, oltre a mettere in crisi altre prigioni già sovraffollate, allontaneranno i detenuti dalle famiglie e creeranno nuove difficoltà alle possibilità di difesa.
La Stampa 8 agosto 1972