Ho cominciato a scrivere della questione carceraria il 9 marzo, all’indomani dei primi tumulti. Se chi decide avesse seguito la minima parte di quelle indicazioni la questione sarebbe ora su un crinale differente da quello drammatico che ha ormai ineluttabilmente imboccato.
E, invece, siamo ad un punto di non ritorno. Quello che, almeno nelle dichiarazioni ufficiali non si voleva, cioè l’indulto generalizzato, oggi è ormai realtà. E così, si sono risvegliate pletore di commentatori, tra cui illustri colleghi, molti dei quali raramente hanno praticato il carcere ed avuto a che fare con i delinquenti seri, che si affannano riempendo le pagine dei giornali importanti, pontificando sulla misura della clemenza.
La certezza della pena. A giudicare da quel che si legge sul quotidiano La Repubblica il magistrato Cascini avrebbe detto “il problema non è la certezza”
Un componente del CSM, se sono riportate bene le sue dichiarazioni dal giornalista de La Repubblica, avrebbe sostenuto che “in questo momento il tema è l’emergenza Covid-19 e non invece la certezza della pena”. Spero di aver capito male o che, comunque, si chiarisca subito perché queste dichiarazioni sono gravissime e mortificano il lavoro di centinaia di magistrati che sgobbano tutti i giorni in nome della giustizia e nella convinzione che esista ancora una certezza della pena, e di tanti altri che per questi valori hanno sacrificato la vita.
Falcone si starà rivoltando nella tomba.
E certo, che ce ne frega dei dati tecnici, della reale situazione sanitaria degli istituti di pena, delle possibili soluzioni organizzative. L’equazione è addirittura elementare: le celle sono notoriamente piene + il rischio di contagio è troppo alto = tutti a casa.
Che ce ne frega oggi addirittura della pena, che dei giudici hanno irrogato all’esito di un regolare processo. Che ce ne frega delle vittime dei reati e di quello che penseranno di uno Stato che ragiona in questo modo. Il rischio nelle carceri è troppo alto. O almeno così ci dicono. Vai a vedere poi i dati e la situazione sembra molto diversa: 19 detenuti positivi su una platea di 58.000, cioè lo 0,003 %. I più colpiti sono gli agenti della Polizia Penitenziaria, 120 su 38.000, ma a loro nessuno se li fila!
Allora si dice che i dati sono falsati. Sicuramente i contagiati saranno forse di più, ma nulla che non si riesca a gestire attraverso rapidi ed efficaci interventi organizzativi e sanitari che sono stati già propostI e che forse si sarebbero già pure potuti attuare. Lo stesso collega, invece, propone di mandare a casa i detenuti che devono scontare ancora tre anni di carcere, altri hanno proposto di alzare il tetto a quattro, i più cauti sono assestati sui due. Sembra il mercato, a chi offre di più?
Nel mentre si propone di mandare a casa dieci o ventimila detenuti, molti dei quali senza neanche il braccialetto elettronico di controllo, è arrivata la notizia della scarcerazione di un pericoloso boss della Ndrangheta. E chissà quanti altri in regime di alta sicurezza sono pronti a raggiungere i propri territori. Effetti indiretti dell’indultino. Direbbe qualcuno danni collaterali.
A proposito a quelli chi ci pensa? Ah, forse per quelli c’è tempo, ci penseremo domani, quando i danni saranno più evidenti. Vanno a casa anche quelli le cui condizioni fisiche, o asserite tali, li pongano a rischio contagio. E tra poco si dovranno considerare anche i detenuti più pericolosi che già stanno facendo petizioni sostenendo di avere paura del contagio.
Sembra partito, consapevolmente o meno, il “libera tutti”. E dicono che a livello normativo non sia ancora finita qui.
Il rischio reale è quello di cancellare in un colpo solo 30 anni di lotta alle mafie. Ma nessuno, tranne il collega Nicola Gratteri, sembra accorgersene. Certo se anche la certezza della pena è andata in quarantena, allora è finito tutto. Il mio pensiero in questo momento va ai testimoni di giustizia, alle vittime dei reati e a tutti coloro che credono ancora nella giustizia. Chissà come si sentiranno ora. Bisogna fargli coraggio. Anche io mi sento tradito, ma resisto.
Dobbiamo resistere perché da domani la battaglia alle mafie sarà ancora più dura.
Amnistia o indulto, Maresca: nessuna trattativa, nessun cedimento dello Stato