Casamonica: nel libro di Nello Trocchia come il clan agiva in carcere con la complicità di insospettabili
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LIBRI Casamonica: nel libro di Nello Trocchia come il clan agiva in carcere con la complicità di insospettabili 17/04/2019 

È il 20 agosto 2015 quando per la prima volta l’Italia si accorge dell’esistenza del clan Casamonica. I petali piovono sul piazzale davanti alla chiesa di San Giovanni Bosco, mentre le note del Padrino accompagnano l’arrivo di una carrozza funebre scortata dai vigili urbani. Sulla facciata della chiesa, c’è un grande ritratto di Vittorio Casamonica su cui campeggia la scritta “Re di Roma”. Da allora, abbiamo visto al telegiornale video di pestaggi efferati, giornalisti minacciati e percossi, ruspe e abbattimenti nelle periferie romane.

Eppure a Roma tutti conoscono i Casamonica già da decenni. Sono sempre stati lì, piccoli faccendieri durante il dominio della Banda della Magliana, amici di boss che arrivavano dal sud in cerca di un porto sicuro all’ombra del Cupolone, o di politici e uomini dello spettacolo bisognosi di droga o di un prestito. Per tutti sono i Nullatenenti, gli zingaracci.

Casamonica Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma

Mentre le istituzioni si limitavano a derubricarli a fenomeno minore, i Casamonica prosperavano: sulle minacce e la violenza cieca hanno edificato un impero fatto di discoteche, locali, palestre, concessionarie di lusso e ville sontuose. Si sono accreditati come agenzia criminale di servizi, vera e propria cerniera tra il mondo di sotto, della periferia disagiata, e il mondo di sopra, dei circoli esclusivi ai Parioli e dei salotti bene di Via Veneto.

Partendo da testimonianze inedite e resoconti giudiziari, Nello Trocchia costruisce un’inchiesta unica: il primo ritratto della famiglia criminale a capo di Roma. Districandosi nel complesso albero genealogico raccoglie le storie di boss pittoreschi e spietati, e di donne feroci e manesche; di vittime coraggiose e di uomini che, nonostante abbiano perso tutto, vivono ancora nel terrore della famiglia. Il risultato è una radiografia impietosa di una città in fin di vita, invasa di metastasi in ogni organo, in ogni tessuto: una malattia estesa, a cui lo Stato non sembra capace di trovare rimedio.

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Massimiliano Fazzari collabora, ma i Casamonica sapevano già tutto

Il particolare è raccontato nel libro di Nello Trocchia dedicato ai «Casamonica, il clan che ha conquistato Roma» edito da Utet. «Quando la moglie di Fazzari, Noemi Ranieri, va a trovarlo in carcere e lui gli racconta delle lettere inviate ai magistrati antimafia, la donna lo avverte: “Guarda che i Casamonica lo sanno già”», racconta Trocchia nel libro. E questo perché “alcuni agenti della Polizia Penitenziaria sono legatissimi alla casata”. A raccontare la bella vita dei Casamonica in carcere non è soltanto il pentito Fazzari ma anche la testimone di giustizia Debora Cerreoni (ex moglie di Massimiliano Casamonica) e alcune fonti rintracciate dal giornalista Trocchia, che aggiunge: «Nel libro descrivo in che modo hanno la possibilità di ricevere e inviare messaggi dal carcere, dare ordini e addirittura far circolare droga. C’è anche la testimonianza di un agente della Penitenziaria che indica una particolare area verde del carcere di Rebibbia, difficile da controllare e intercettare, da dove il Casamonica ha continuato a coordinare l’attività del sodalizio».

corriere.it


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