Carceri: le guardie protestano a Roma
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STORIA Carceri: le guardie protestano a Roma 09/01/1975 

Nei corridoi di Regina Coeli, davanti agli edifici di Rebibbia, all'interno dell'istituto minorile di Casal del Marmo gli agenti di custodia sostano in massa, ordinatamente. Da lunedì sera si sono “autoconsegnati” nelle carceri dove prestano servizio. Fanno il lavoro che gli spetta, ma non escono quando il loro turno è finito: né le guardie semplici né i sottufficiali, né quelli che alloggiano negli istituti di pena né quelli che fuori hanno famiglia.

“E' una protesta contro il disinteresse delle autorità nei nostri confronti” dicono, annunziando che la protesta andrà avanti finché non verranno formulate concrete proposte. Dietro questa iniziativa ci sono un'inquietudine e un disagio che hanno radici profonde. Nel maggio scorso si parlò di uno sciopero di tutta la categoria. Due guardie si erano uccise, al termine di turni massacranti di lavoro, logorate dalla fatica, dalle frustrazioni professionali e dal clima di accesa tensione che nelle carceri si respira da troppo tempo. I ministeri della Giustizia e del Tesoro fecero a gara nell'annunziare nuovi stanziamenti e iniziative per rendere meno dura la vita del personale impiegato negli istituti di pena e prevenzione.

“Subito tornarono a trattarci come bestie, con minacce continue di trasferimento o di deferimento al tribunale militare - dicono oggi gli agenti, raggruppati davanti al portone di Rebibbia -. Le nostre paghe sono rimaste le solite, irrisorie: 72 mila al mese, come base; nessuna indennità per il servizio notturno; 180 lire l'ora per lo straordinario. E ci vengono negati tutti i permessi, da un anno. I ritmi di lavoro sono inumani: per le nostre famiglie siamo diventati degli estranei. A Rebibbia, ad esempio, sarebbero necessarie come minimo 800 guardie, mentre siamo poco più della metà”.

Partita da questo carcere (421 agenti e sottufficiali), la protesta si è estesa ieri a Regina Coeli (250 agenti), oggi all'istituto di Casal del Marmo e “siamo in contatto con i nostri colleghi di Torino, Milano, Genova, Napoli: è la prima volta che maturiamo un gesto concreto di lotta, un'azione destinata ad allargarsi”.

Tra le rivendicazioni normative ed economiche, riassunte in un documento suddiviso in 18 punti: smilitarizzazione del corpo e riconoscimento del diritto alle libertà sindacali, abrogazione dell'art. 387 del codice penale (che prevede gravi sanzioni per l'agente alla cui sorveglianza sfugga un detenuto), aumento dell'organico di almeno 5 mila unità (recuperando anche un migliaio circa di agenti e funzionari impiegati in piccoli e inutili istituti di pena), giornata di riposo e licenza annuale garantita.

La Stampa 9 gennaio 1975


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