Un mondo ribaltato, stravolto, rispetto a prima. Come se l’11 giugno fosse arrivato un terremoto capace di costringere tutti a cambiare abitudini. Per forza. Perché quel giorno non è stato arrestato semplicemente l’ex direttore del carcere di via Gleno, Antonino Porcino, che era già formalmente in pensione da 11 giorni. Ai domiciliari erano finiti anche il direttore sanitario Franco Bertè, oggi libero, il comandante della Polizia Penitenziaria Antonio Ricciardelli, era stata perquisita e poi trasferita la responsabile infermeria Adriana Teresa Cattaneo. Era successo di tutto, con una conseguente situazione di tensione e incertezza, a tratti. Ma con una reazione anche puntuale, coincisa con l’incarico ad interim, e quindi provvisorio, di Teresa Mazzotta come direttrice, in parallelo al ruolo di direttore aggiunto a San Vittore.
La gestione della Polizia Penitenziaria avviene tramite responsabili, anche loro temporanei, distaccati da altri istituti di pena in Lombardia, commissari capi in particolare. E le perquisizioni all’interno delle celle sono diventate sicuramente più frequenti rispetto al passato. Ma accade anche altro: sembra esserci una stretta, infatti, anche sulle abitudini del passato di chi entra in carcere dall’esterno, per lavorare, in particolare avvocati e operatori sociali. Più di un penalista, ad esempio, sarebbe stato invitato a lasciare la borsa nelle cassette di sicurezza, prima di andare a incontrare il suo assistito, tenendosi i documenti in mano. E ai volontari sarebbe stato imposto di lasciare all’ingresso portafogli, chiavi dell’auto o occhiali da sole. Tutti a «ripassare» le regole, insomma, che sotto certi aspetti sembravano un po’ sbiadite, o quantomeno poco applicate, da un po’ di anni. Se questa resterà la prassi, per il carcere di via Gleno, non è chiaro. Sembra però che Teresa Mazzotta, 59 anni, voglia chiedere l’incarico permanente proprio nella casa circondariale di Bergamo, dopo l’interim e dopo anni di esperienza a Milano.
Corriere.bergamo