Il capo dell'Amministrazione penitenziaria Francesco Basentini ha risposto alle dichiarazioni del Procuratore di Napoli Giovanni Melillo (ex Capo di Gabinetto del Ministero della Giustizia, confermando l'allarme: "Le questioni sollevate dal procuratore della Repubblica di Napoli Giovanni Melillo sulla situazione delle carceri italiane sono drammaticamente vere ed attuali. Le conosciamo bene e stiamo mettendo in campo tutti gli strumenti per risolverle".
Dal suo osservatorio privilegiato, il Capo DAP ha ben chiara l'emergenza legata agli ingressi illegali di droga e cellulari nei 231 istituti di pena italiani. Carceri colabrodo.
Intervista pubblicata da Il Mattino il 26 ottobre:
"Il carcere - ha detto Melillo in audizione alla Commissione parlamentare antimafia - è il luogo dove lo Stato esercita una assai limitata capacità di controllo. Vi dominano le organizzazioni mafiose, i cellulari entrano quotidianamente e non li sequestriamo neanche più talmente tanti sono. In alcune carceri, poi, vi sono autentiche piazze di spaccio".
Presidente Basentini, è un duro j'accuse quello di Melillo. La situazione è ingovernabile?
"Prima di illustrare le azioni di contrasto che stiamo mettendo in campo per contrastare questi fenomeni mi lasci fornire alcuni numeri che danno il quadro della situazione, che resta sicuramente molto allarmante. I numeri sui rinvenimenti parlano chiaro: nei primi nove mesi di quest'anno sono stati eseguiti 587 sequestri di sostanze stupefacenti e 1.412 telefonini. Di fronte a questa situazione abbiamo deciso di rispondere immediatamente".
Facendo due conti, in base a questi numeri possiamo dire allora che nelle carceri vengono introdotti mediamente cinque cellulari ogni giorno. In che modo intendete lanciare la vostra controffensiva?
"Nella scelta degli investimenti e delle spese da effettuare per l'anno corrente il Dipartimento ha deciso di puntare sull'acquisto di strumentazione e tecnologia di avanguardia, in grado di potenziare il contrasto all'introduzione di droga e cellulari. Tenga conto che la diffusione di questi due fenomeni risulta in costante crescita già dal 2017, e in particolare quello dei telefoni è di fatto raddoppiato".
E su che cosa puntate per stroncare questi traffici?
"Abbiamo acquistato 90 apparecchi per il controllo radiografico dei pacchi, suddivisi in tre lotti da 30, sono in distribuzione ai Provveditorati che poi li assegneranno agli istituti sul territorio. La loro installazione verrà ultimata nella primavera del prossimo anno. Poi ci sono 40 metal detector già distribuiti, 40 jammer, apparecchi che disturbano le frequenze telefoniche".
Insomma puntate sulle alte tecnologie?
"Non è finita. Sempre per neutralizzare ogni tentativo di colloquio telefonico non autorizzato verso l'esterno ci siamo dotati anche di due importanti e costosi strumenti - gli apparati "Imsi" - capaci di catturare le frequenze telefoniche; ed infine: 200 rilevatori manuali di telefoni cellulari, anche quando sono spenti, e 65 rilevatori di traffico di fonia e dati".
Che cosa rischia oggi il detenuto che detiene illegalmente stupefacenti o apparecchiature telefoniche in cella?
"Oggi come oggi solo una sanzione disciplinare. In sede di discussione del Decreto Sicurezza noi chiedemmo di inserire due norme che sanzionavano penalmente chi venisse trovato in possesso di stupefacenti o cellulari. Ma la nostra proposta non venne accolta, perché la si considerò non "afferente" alla materia oggetto del decreto stesso. E siccome siamo convinti che si debba invece procedere su questa strada, quella sanzionatoria, rinnoveremo la proposta".
E che cosa rischierebbe chi viola queste norme?
"Tanto per cominciare, chi venisse trovato in possesso di droghe o cellulari non avrebbe più accesso ai benefici alternativi al carcere".
E sul rischio che vecchi e nuovi boss possano ritrovarsi nelle stesse strutture, facilitando così i loro rapporti e le loro comunicazioni, qual è la strategia?
"È in atto una redistribuzione dei detenuti in regime di "alta sicurezza", sia i capi che i gregari dei sodalizi criminali organizzati. A Napoli, per esempio, sono già 300 i reclusi campani con condanne per reati di mafia che abbiamo già trasferito in altre strutture, tutte al Centro e al Nord".