Al momento è una bozza, ma tanto basta per rovesciare di 360 gradi l'impostazione e il modo di vivere all'interno del carcere femminile di Venezia, alla Giudecca. Perché quello che verrà imposto a giorni dalla Commissione incaricata dal Ministero della Giustizia di portare a termine un'ispezione all'interno del penitenziario femminile di Venezia, è un notevole giro di vite.
Niente più commistioni tra agenti e detenute, niente più acquisti di merce dall'esterno - se non attraverso una ditta approvata dal Ministero - addio, perfino, alla tinta ai capelli.
Eccole le linee guida frutto dell'ispezione voluta dal Ministero della Giustizia per fare luce sulla vicenda di Maria Teresa Trovato Mazza, l'agente di Polizia Penitenziaria - chiamata dagli amici Sissy - morta a 29 anni il 12 gennaio scorso, dopo due anni di coma dovuti a un colpo esploso l'1 novembre 2016 in un ascensore del reparto di Pediatria dell'ospedale Civile di Venezia.
L'ispezione portata avanti tra martedì e giovedì scorsi da una commissione di cinque membri, aveva il compito di ricostruire l'ambiente della Giudecca, più volte denunciato dalla stessa agente all'allora direttrice Gabriella Straffi attraverso alcune lettere in cui si parlava di "fatti gravi che riguardano le mie colleghe" raccolti da lei attraverso le confessioni di "molte detenute". Forse droga, forse rapporti fin troppo forti tra detenute e agenti. Sospetti e dubbi
La stretta - Fatto sta che adesso cambierà tutto. Sono quattro i maxi-punti che attraverso "consigli o prescrizioni" per la futura gestione del penitenziario della Giudecca, riassumono l'esito della visita della Commissione ministeriale. Tra i punti salienti, per i commissari, c'è la cancellazione della "sorveglianza dinamica", cioè del fatto che gli agenti possano camminare in mezzo alle detenute negli spazi di socialità. D'ora in poi alla Giudecca il comportamento delle carcerate si dovrà controllare attraverso le telecamere di sicurezza.
Il tutto sarà visionato dagli agenti di Polizia Penitenziaria in una sorta di control room, da cui uscire solo in caso di emergenze. Per sedare delle risse, ad esempio. È, questo, il provvedimento principe prescritto dalla Commissione, che poi si è spinta a regolamentare anche le differenze tra quante lavorano all'esterno e nelle vicinanze delle mura di cinta del carcere, da chi non esce mai o presta servizio in cucina. Due stili di vita che da adesso non si incroceranno più, nemmeno di notte.
Chi è impiegata nella lavanderia e nell'orto del carcere - e potrebbe venire in contatto con il mondo esterno - dovrà dormire in un reparto apposta (da trovare, ndr). Trattamento identico a chi lavora all'esterno del carcere e già dorme nella zona cosiddetta dei semiliberi, secondo quanto previsto dal regolamento carcerario per il lavoro esterno. L'obiettivo? Azzerare il più possibile i contatti tra l'esterno e l'interno della Giudecca.
Anche per questo è stata tolta alle detenute la possibilità di rivolgersi alla cooperativa Granello di Senape per gli acquisti all'esterno. Chi vorrà qualcosa in più rispetto all'ordinario, dovrà chiederlo alla ditta di Sopravvitto che ha vinto il bando di servizio anche per il carcere maschile di Venezia. Semaforo rosso, poi, alla tintura dei capelli: lo impone l'unico regolamento nazionale sulle carceri e deve essere rispettato da tutti senza differenze tra uomini e donne.
Il Gazzettino