“L'osservazione penitenziaria di per sé non potrà mai essere considerata elemento indicativo della rieducazione perché occorre qualcosa in più che ci faccia pensare alla risocializzazione”.
Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, si è così espresso durante l'audizione della Commissione parlamentare antimafia sul regime di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario e le conseguenze derivanti dalla sentenza n. 253 del 2019 della Corte Costituzionale sui permessi premio ai mafiosi che non collaborano.
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Il magistrato ha anche chiarito che non basta “solo la buona condotta” in quanto “questo non sarebbe sufficiente: il soggetto mafioso, 'ndranghetista e camorrista è diverso da tutti gli altri criminali, osserva le regole all'interno del carcere, è un soggetto intraneo alle istituzioni. - ha proseguito - Il mafioso e il camorrista hanno un rapporto rispettoso delle istituzioni, lo strumento della violenza lo usa come extrema ratio solo nei confronti di alcuni soggetti per dare segnale della propria presenza, altrimenti non usa violenza".
"Gli elementi dimostrativi dell'interruzione del collegamento con l'organizzazione criminale devono derivare da indagini o sentenze, devono essere riconducibili ad una situazione certa rispetto alla quale si può valutare, non possono essere fatti di per sé opinabili”.
"Già anni fa la Camorra aveva tentato di attribuire ad una manifestazione di dissociazione esternata in dibattimento l'elemento determinante per ritenere che sono interrotti i collegamenti - ha osservato De Raho - è invece vero proprio il contrario, ci sono camorristi che si sono dissociati ma hanno continuato a fare i capi. Uno di questi dopo 22 anni è uscito dal carcere e ha ripreso a guidare la sua organizzazione criminale. E' un percorso molto insidioso, da escludere, è solo molto scenico. E tra l'altro la dissociazione non ha senso: chi effettivamente si dissocia collabora, rende ampie dichiarazioni".
Secondo il procuratore nazionale antimafia le organizzazioni mafiose nel carcere “non danno adito a minimi problemi. Gli episodi che ci sono stati sono riconducibili a fatti ben precisi altrimenti la regola è rispettare le istituzioni”. Dunque per concedere i permessi "occorre la sussistenza di elementi che dimostrino l'interruzione di rapporti con la criminalità, e questo deve emergere con chiarezza. - ha continuato - La preoccupazione è che nel momento in cui va fuori per un permesso il detenuto riprenda nello stesso modo gli stessi comportamenti.
Una riforma che corrisponde all'orientamento della Corte Costituzionale vorrebbe che ci fossero le risorse adeguate affinché coloro che dovessero godere del permesso premio possano essere monitorati in modo molto dettagliato, senza sfuggire mai all'attenzione dello stato. Sarebbe necessario muovere task force capaci di monitorare: questo richiede investimenti risorse un impegno importante”. Il magistrato ha poi spiegato che nel momento in cui un mafioso viene affiliato “non può sottrarsi dall’organizzazione”. Può uscirne solo se “ci si allontana attraverso una scelta definitiva o si resta affiliati per sempre, senza altra possibilità. - ha detto - Infatti la mafiosità prosegue anche nel periodo di detenzione: l'organizzazione mafiosa non consente di uscire, questo è un dato noto e acquisito, confermato da numerosissime sentenze”. Per de Raho “il regime detentivo di coloro che sono al 41 bis e in alta sicurezza è tale da consentire loro di scambiare informazioni nel gruppo di socialità, formato da 3 detenuti. Come si scelgono, chi sono?". Individuare detenuti appartenenti alle mafie, come si è fatto finora, "potrebbe determinare alleanze: si nota ultimamente che Cosa nostra lavora con la 'Ndrangheta e questa con la camorra o tutte e tre insieme" per alcuni reati, come l'importazione di cocaina e altro. Insomma, per il magistrato "si comincia e riflettere sulla composizione di questi gruppi".
Per de Raho è “indispensabile che intervenga un'indicazione chiara da parte del legislatore perché il magistrato di sorveglianza abbia un quadro di riferimento per poter adottare le proprie decisioni” sulle richieste di permessi premio.
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