Le esplosioni quasi alla stessa ora e con la stessa tecnica, davanti agli istituti di pena: in un campo a Roma, in un alloggio vuoto a Napoli, in un albergo a Milano - Un invito alla sommossa, dato con gli altoparlanti, ha preceduto di poco le deflagrazioni.
A Napoli e a Milano questa notte, a Roma nella mattinata di oggi, sono state fatte scoppiare bombe davanti alle carceri: esse fanno pensare ad un unico piano per una rivolta dei detenuti, per attirare l'attenzione sulla situazione carceraria, l'arretratezza dei codici, la violenza e la repressione che avvengono all'interno degli istituti di pena, le drammatiche ingiustizie che per la ritardata approvazione della nuova legge da tanti detenuti vengono patite. Questa è l'interpretazione che gli inquirenti (dell'ufficio politico della questura e del nucleo antiterrorismo di Roma, Milano, Napoli, tra loro collegati) sembrano propensi a dare dei singoli episodi, collegati fra loro da singolari analogie. Il tempo: le esplosioni sono state quasi contemporanee a Milano e Napoli, di qualche ora più tardi a Roma. La portata e la collocazione dell'esplosivo. La tecnica degli attentati. A Roma l'esplosione è avvenuta verso le 8,30 in un campo nei pressi del carcere femminile di Redibibbia, a circa cento metri dall'ingresso principale. L'ordigno forse quattro candelotti di dinamite, doveva essere stato collocato durante la notte. Era collegato ad un « timer », a quattro altoparlanti alimentati da due batterie di auto, a un magnetofono. Registrati su nastro, sono stati diffusi prima le note di « Bandiera rossa », poi un discorso durato quasi dieci minuti. « Al termine di questo discorso ci sarà una esplosione »: queste le prime parole che si sono udite nella campagna antistante il complesso di Rebibbia. La voce di un uomo (il nastro è andato distrutto, insieme con tutto l'apparato) ha incitato i detenuti alla rivolta, urlando slogan. Ha concluso con l'invito: « Ribellatevi, cercate la libertà». Subito dopo è avvenuta l'esplosione. Una organizzazione sinora sconosciuta, i « Nuclei armati proletari », si è assunta la responsabilità dell'episodio con una lettera che reca il simbolo della falce e martello racchiusi in una stella a cinque punte. Il messaggio contenuto in una busta rossa è stato trovato in una cabina telefonica di via Vittorio Emanuele Orlando.
Napoli, 2 ottobre. (a. I.) Funzionari della questura, dirigenti dell'Antiterrorismo e carabinieri proseguono le indagini sull'attentato dinamitardo compiuto la scorsa notte a Poggioreale, con una tecnica che rivela un piano per incitare alla rivolta i detenuti del carcere napoletano, più volte negli ultimi anni al centro di drammatiche e sanguinose sommosse. I responsabili del criminoso gesto apparterrebbero ad un sedicente gruppo denominato «Nuclei armati proletari». L'attentato della scorsa notte è stato ricostruito in ogni dettaglio. Erano le 23,50 quando dagli altoparlanti sistemati sul davanzale di un appartamento al primo piano di via Nuova Poggioreale 43, proprio di fronte al carcere, una voce gracchiante e metallica ha diffuso un messaggio che esortava alla rivolta i «compagni detenuti». «E' venuto per voi il momento di ribellarvi all'ingiusto sistema carcerario cui siete sottoposti e dovete riscuotervi, protestare contro il governo che non riesce a varare la nuova riforma carceraria...». Il centralino del 113 è stato sommerso da decine e decine di telefonate, mentre le strade che conducono al rione di Poggioreale, nel giro di qualche minuto, erano bloccate da auto della polizia e dei carabinieri. Funzionari ed agenti stavano per irrompere nell'alloggio quando l'ordigno è esploso mandando in frantumi i vetri dell'appartamento e provocando lesioni nelle pareti. I detenuti hanno udito messaggio e esplosione, ma non hanno raccolto la provocazione e sono rimasti tranquilli nelle celle. Le indagini hanno stabilito che gli autori dell'attentato avevano messo a punto un sistema elettronico con un registratore collegato ai quattro altoparlanti ed alimentato dalla corrente elettrica di due batterie per automobili. L'ordigno ad orologeria era collegato al nastro del registratore ed azionato automaticamente al termine della trasmissione del messaggio.
Milano, 2 ottobre, (g.m.) «Gli attentati davanti alle carceri di Milano, Napoli e Roma — ha detto questa sera Vito Piantone, dirigente del nucleo regionale antiterrorismo — hanno un'identica matrice. Sono in corso indagini per identificare i terroristi che evidentemente volevano scatenare la rivolta tra i detenuti delle tre prigioni più turbolente d'Italia. Si presume che la "base" sia a Milano ». Anche nel capoluogo lombardo in una cabina telefonica di viale Piceno, è stato trovato un volantino firmato « Nuclei armati proletari », identico a quelli trovati a Napoli e a Roma, con la sola aggiunta di una postilla, nella quale si precisa che a Milano « per un errore tecnico il proclama non si era potuto convenientemente diffondere, ma lo sarà presto in altra sede ». Sul foglietto ciclostilato, scritto sulle due facciate, il fantomatico movimento invitava i detenuti alla rivolta: ma nelle carceri nessuno si è mosso. L'attentato a Milano è avvenuto pochi istanti dopo le 23,20 nella camera 410 al 4° piano dell'albergo Sant'Ambroeus, in viale Papiniano proprio di fronte al carcere di San Vittore: l'esplosione ha provocato solo danni allo stabile. La stanza era stata prenotata il 3 settembre scorso da due giovani, un uomo e una donna, per conto di un loro amico, un certo Boano, che però non si era fatto vedere. Il misterioso Boano si è fatto vivo ieri pomeriggio in compagnia del giovane e della ragazza che avevano prenotato la stanza a suo nome si è presentato al portiere con una carta d'identità numero 19646676 rilasciata nel 1973 dal comune di Torino a Vittorio Boano, nato a Roma il 1" febbraio 1945, ma residente nel capoluogo piemontese. Le indagini hanno accertato che si tratta di un documento falso. Il Boano (magro, di media statura, dai capelli lunghi, cotonati, vestito di bleu con camicia celeste e cravatta intonata, dai modi estremamente gentili) ha sistemato due bauli nella camera, poi ha salutato i suoi amici che se ne sono andati. Subito dopo, ha chiesto alla telefonista dell'albergo, I Anna Bosti, di chiamargli il numero telefonico 515816 di Napoli (che corrisponde all'appartamento di fronte alle carceri di Poggioreale dove è avvenuta l'esplosione nella città partenopea). Alle 23 il cliente dell'albergo ha parlato per qualche istante (il contatore ha segnato solo 4 scatti), quindi è uscito ed è sparito dalla circolazione. Alle 23,20 l'esplosione, che ha sventrato le suppellettili, distruggendo la porta del bagno, aprendo un buco nella parete d'angolo della stanza e danneggiando quella accanto.
La Stampa 3 ottobre 1974