Un giovane, non ancora identificato, (Giovanni Taras ndr) è morto dilaniato dall'esplosione di un ordigno che stava collocando all'interno del manicomio giudiziario “Filippo Saporito” di Aversa. Altri due giovani che erano con lui, sono riusciti a fuggire. Si ritiene che i tre appartengano all'organizzazione dei “Nap” (Nuclei armati proletari). Infatti accanto al cadavere è stata trovata una bandiera rossa con falce e martello e con le scritte in bianco “Nap” e “Sergio Romeo”, il nappista ucciso dai carabinieri dopo la rapina alla Cassa di risparmio di Firenze il 29 ottobre 1974.
L'esplosione è avvenuta su un terrazzo nei pressi degli uffici della direzione. I tre erano entrati nell'istituto di pena utilizzando alcune scale di legno che sono state trovate appoggiate al muro di cinta. Sullo stesso terrazzo, oltre alla bandiera, sono stati trovati due altoparlanti distanti pochi metri l'uno dall'altro e un registratore. L'esplosione è avvenuta intorno alle 2,30 ed è stata avvertita all'interno del manicomio giudiziario. Un agente ha detto di averla udita chiaramente, ma di non aver dato peso alla cosa in quanto spesso, di notte, si sentono scoppi. Stamane, verso le 7,30, il brigadiere degli agenti di custodia, Francesco Argenziano ha compiuto un'ispezione in tutto il complesso del manicomio fin sui tetti ed ha fatto la tragica scoperta.
Nel pomeriggio sono state fermate nella città due persone: sarebbero un uomo di 54 anni e una donna di 45, entrambi di Genova. Erano state viste aggirarsi nei pressi del manicomio giudiziario con atteggiamento sospetto; i due apparterrebbero al gruppo “22 ottobre”. Sui 25 anni, capelli ricci, baffi, meridionale (probabilmente sardo o siciliano), alto un metro e 61. Indossava un completo jeans, giubbetto con borchie metalliche e pantaloni. Questo l'identikit del terrorista tracciato dal medico legale, dott. Pilleri, convocato al “Filippo Saporito” verso le sette e trenta quando sono scattate le indagini. La vittima non ha ancora un nome. Addosso, oltre a una pistola automatica e 200 mila (4 banconote da 50 mila lire che farebbero parte del riscatto Moccia e 6 biglietti da mille), aveva una carta d'identità, risultata falsa. Il documento era intestato a Sergio Concu, nato a Torino il 16 maggio 1952 e residente a Milano in Viale Scozia. Nel tardo pomeriggio il magistrato che conduce le indagini, dott. Antonio Manzillo, procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere, ha disposto il trasferimento della salma all'obitorio di Napoli.
L'allarme è stato dato verso le 7,30, cinque ore dopo lo scoppio dell'ordigno. “E' inaudito - dice Angelo Iacazzi, un deputato comunista di Aversa -; dalle 2 dì stanotte alle 7 di stamane non è stato avvertito nessuno. Per sapere che c'era un morto abbiamo dovuto attendere le 8”. "E pensare che, alle 2, io e mia moglie siamo stati svegliati di soprassalto dall'esplosione - incalza Mauro Sodano, abitante in via San Francesco, la stradina di cui i terroristi si sono serviti per arrivare dal balcone di un appartamento disabitato, con una scala che ha fatto da passerella, sui tetti del manicomio -: sono sceso dal letto e mi sono affacciato alla finestra. Dopo un paio di minuti, ho visto passare una "Bianchina" arancione con il tetto bianco. Al volante c'era un giovane, poi ho intravisto altre due ombre allontanarsi a piedi”.
Stasera la casa di Sodano è stata perquisita mentre carabinieri e polizia compivano una serie di controlli nel manicomio. Gli inquirenti vogliono accertare se i “nappisti” si erano sistemati da tempo in un rifugio nelle vicinanze del manicomio, in attesa di attuare il loro piano. Ci può essere stato un collegamento interno? “Fra i 700 detenuti che accoglie attualmente l'ospedale psichiatrico giudiziario - dice il prof. Serafino Procacini - tre in osservazione sì possono definire "politici". Sono "extra" di sinistra. Uno è Cesare Maino, della "22 Ottobre", di Genova, il gruppo del delitto del fattorino.
La Stampa 31 maggio 1975