Aveva già ferito tre agenti, due sono gravi Fossano: abbattuto il bandito mentre fuggo con due ostaggi. Era stato condannato a 30 anni per rapina e tentato omicidio - Ieri mattina si era impossessato di una pistola sparando alle guardie - Poi si era rinchiuso nell'ufficio del direttore con altri due agenti - Voleva 5 milioni e un'auto veloce • La richiesta veniva accolta - Alle 22 è uscito sempre tenendo sotto il tiro dell'arma i suoi prigionieri - Alcuni cani poliziotti lo hanno distratto e un maresciallo ha sparato - Il bandito è crollato a terra - E' morente all'ospedale.
Fossano, 23 luglio. Un bandito condannato a 30 anni per rapina e tentato omicidio, questa mattina alle 9,30 mentre attraversava un cortile del carcere di Fossano, ha estratto una pistola e ha ferito tre guardie per impossessarsi delle chiavi: due delle vittime sono gravissime. Poi si è rinchiuso nell'ufficio del direttore con altri due agenti come ostaggio. Ha chiesto 5 milioni e una auto veloce. Dopo una giornata di tensione e di terrore la sua richiesta è stata accolta. Alle 22 il bandito è uscito con gli ostaggi per salire sull'auto. Gli sono stati lanciati contro dei cani poliziotti. Il detenuto si è distratto e un maresciallo dei carabinieri, Aurelio Calusio, gli ha sparato un primo colpo. Poi hanno sparato anche il colonnello Marchisio e altri. Il bandito è crollato a terra, è morente. I due ostaggi sono salvi.
Il bandito è Horst Fantazzini, nato in Germania, a Altenkersel, il 4 marzo 1939. E' bolognese, la nascita in Germania è stata casuale, perché suo padre, muratore, era emigrato per lavoro. E' sposato con Anna Roccanfuso, che da qualche tempo si è trasferita a Scauri, in provincia di Latina, con i due bambini, Loris, di 12 anni e un altro di 8. A Bologna abita l'amante del Fantazzini. Il bandito è stato trasferito in questo carcere nel marzo scorso, per qualche settimana ha lavorato (qui c'è la manifattura di cornici di legno), ma poi ha chiesto di frequentare la scuola media, quindi ha lasciato il laboratorio.
Dice don Felice Favole, cappellano del carcere: «Recentemente io e il direttore, dott. Emanuele Vicari, abbiamo passato in rassegna un po' tutti i 150 ospiti della "Casa" per valutarne la personalità. Su Fantazzini abbiamo convenuto che è sempre stato un recluso modello, ubbidiente. E' intelligente, furbo. Io mi sono interessato della sua situazione: l'ho invitato a prendere una decisione nei confronti della moglie, per non tenere rapporti con due donne. Gli ho però anche prospettato le conseguenze del divorzio sui figli. Ha dimostrato l'intenzione di rappacificarsi con la moglie, e io l'ho fatta venire qui, si sono incontrati, nel parlatorio, una quindicina di giorni fa. Ho però saputo che dopo ha ricevuto la visita di altre persone, anche dell'amante».
L'arma che il Fantazzini ha usato per la sua ribellione, una calibro 6,35, gli è stata consegnata, evidentemente, nel parlatorio. Nel carcere di Fossano c'è una certa liberalità, sono state abolite le grate, i detenuti incontrano i parenti in un locale che ha tavolini e sedie, come un bar, i visitatori non sono perquisiti, possono restare in colloquio fino a cinque ore al giorno, dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 16. Dovrebbero essere controllati i reclusi, dopo ogni incontro, ma è chiaro che almeno una volta il Fantazzini non è stato perquisito.
Stamattina il detenuto chiede di potersi recare in segreteria per presentare un esposto contro una sua condanna. Il carcere è una vasta costruzione ottocentesca che ha un perimetro di quasi quattrocento metri. L'ingresso principale è in via San Giovanni Bosco. Dietro il portone c'è un cortile che spezza in due il corpo del fabbricato principale; e dietro quel primo cortile ce ne sono altri, piccoli e grandi, divisi soltanto da muri o da edifici. Per andare in segreteria bisogna passare attraverso il primo cortile, quello che confina con il portone che dà sull'esterno. Il Fantazzini passa di qui verso le nove e un quarto, accompagnato dall'appuntato Rosciano, 40 anni. Sale al primo piano, entra nella segreteria, fa quello che deve fare. Ridiscende. Si riavvicina alla porta che dà accesso verso l'interno.
L'appuntato Domenico Masseria, 36 anni, si accinge ad aprire la serratura, ma a questo punto il bandito infila una mano dentro la cintola dei pantaloni ed estrae una pistola che punta alla schiena del graduato il quale non è armato. All'interno del carcere le guardie, per regolamento, devono essere sempre disarmate, e questo per evitare che siano aggredite e private delle armi. «Aprimi la porta» intima Fantazzini a Masseria. Masseria si gira, cerca di guadagnare tempo: « Ma sei impazzito — gli dice — pensa a quello che fai. Dove vuoi andare? » Il bandito è fuori di sé. Preme il grilletto e colpisce l'appuntato al ventre. Masseria crolla a terra. Fantazzini gli è sopra, gli strappa il mazzo di chiavi. Ma ce ne sono tante, come è possibile trovare rapidamente quella del portone?
L'appuntato Rosciano -'è riparato in un ufficio al pianterreno dove vengono depositate le borse dei visitatoli. Ne afferra alcune e le tira al bandito. Fantazzini, cosi disturbato, non riesce a trovare la chiave, si innervosisce ancor di più e si mette a sparare all'impazzata. Tre colpi raggiungono il brigadiere Gaetano Gianquinta, 50 anni, padre di tre figli di 18, 16 e 3 anni; due gli trapassano l'intestino, uno gli frattura l'avambraccio destro. Anche lui cade a terra.
Il bandito si rende conto che non può uscire pur avendo il mazzo di chiavi in mano, si precipita su per la scala che porta alla segreteria. Nell'ufficio sono in tre: l'agente Giovanni Piccirillo, 23 anni, il brigadiere Antonio Grasso, 35 anni, e Vagente Aldo Bussotti, 41 anni. Hanno appena appreso la notizia di quello che è accaduto nel cortile dal detenuto Orlando Crepaldi che è entrato piangendo e ha detto che è stato colpito il Masseria. Il brigadiere Grasso allora, si avvia per il corridoio seguito dagli altri due, per andare a vedere. Ma incontra il bandito, che gli punta la pistola e lo fa tornare indietro.
Aldo Bussotti ci racconta la scena dal letto d'ospedale: «C'era una porta, a metà del corridoio, e io ho pensato che forse sarei riuscito a isolare Fantazzini: ho cercato di sbarrargliela davanti, ma non ci sono riuscito e lui mi ha puntato l'arma ed ha sparato. Il proiettile mi ha raggiunto al petto, una costola l'ha deviato e così il cuore è stato soltanto sfiorato. Sono caduto a terra e mi sono trascinato dietro a una scrivania. Il bandito, con due ostaggi, era nell'ufficio accanto. Per scendere avrei dovuto passare davanti alla porta, e non osavo. D'altra parte, mi sentivo svenire. Allora ho gridato: "Sono ferito, non lasciatemi morire". Fantazzini è venuto a vedermi e mi ha detto: "Puoi andare". Così mi sono trascinato fin giù ».
Il carcere è tutto in fermento. In servizio ci sono una quindicina di agenti dei sessanta che costituiscono il corpo di guardia; manca il direttore, che è assente per ferie. Viene dato l'allarme, arrivano le ambulanze, i feriti vengono portati all'Ospedale di Fossano. Il Bussotti può essere operato subito e dichiarato fuori pericolo, gli altri due sono gravissimi, per lo choc e per la perdita di sangue; devono essere sottoposti a rianimazione e più tardi entrano in sala operatoria. Gli interventi durano ognuno quasi tre ore. Uno dei due proiettili che hanno perforato l'intestino di Gianquinta non è estraibile, per la posizione troppo difficile. Il chirurgo, prof. Impallo meni, allarga le braccia: « Speriamo che lo assista la fortuna ».
Fantazzini ora è asserragliato nell'ufficio del direttore, una stanza di quatro metri per quattro, le cui finestre guardano su un cortile. Fa chiudere le imposte, che sono di legno, ad anta completa. E' collegato con il resto del carcere attraverso il telefono, che fa capo al centralino. Da questo momento ogni comunicazione avviene per questo mezzo. Alle 11 il bandito intima: «Voglio una radio a transistor». Evidentemente, vuol essere informato attraverso i giornali radio di quello che succede all'esterno. Gliela posano davanti alla porta. « D'ora in avanti nessuno più deve salire, se sento dei rumori uccido gli ostaggi. Voglio parlare con La Marca, procuratore generale di Torino ».
Il dott. La Marca è andato in pensione, al suo posto c'è il dott. Colli, che però è assente. Giunge un suo sostituto, il dott. Benedicti, accompagnato dal sostituto procuratore dott. Caccia. Da Cuneo arrivano il questore, dott. Pipitone, il viceprefetto, dott. Pasi, il giudice istruttore, dott. Masante, il sostituto procuratore, dott. Bissone, e ancora da Torino l'ispettore distrettuale delle carceri, dottor De Mari, ex direttore delle Nuove.
Ore 12 — « Voglio da mangiare, per me e per gli ostaggi », ordina il bandito. « Caliamo una corda dalla finestra, legateci un cesto ». Un quarto d'ora dopo lo chiamano da sotto: le imposte si spalancano, ma è uno degli ostaggi che si affaccia, e dietro di lui si vede l'altro con le mani alzate. Il cesto sale.
Ore 13 — Fantazzini avanza la sua richiesta ufficiale: 5 milioni in banconote di piccolo taglio, un'« Alfa Romeo » velocissima, civile, senza radio. « Se cercherete d'impedirmi la fuga, ucciderò senza pietà ».
Ore 16,30 — Autorità entrano, escono. Il dott. Bisson dice: « Sappiamo come ha avuto la pistola ».
Ore 16,40 — Un tiratore scelto entra nel carcere con un « Winchester 250 » con cannocchiale, un'arma che uccide anche a 150 metri di distanza.
Ore 17 — Il maggiore Tuttobene, del Gruppo CC di Cuneo, dice: « Abbiamo frequenti contatti per telefono con lui. Afferma d'esser calmo. Io ho avuto un colloquio col capo della polizia, dott. Zanda Loy. Noi stiamo studiando le condizioni ». Si sente dire che queste condizioni sono già state accettate.
Ore 17,30 — Don Felice, il cappellano, telefona al Fantazzini: « Se posso esserti utile... ». « Io le sono riconoscente, ma ora i miei problemi me li voglio sbrigare da solo ».
Ore 18 — Il bandito chiede di mangiare. Glielo fanno salire con il cesto.
Ore 18,45 — Mettono in comunicazione Fantazzini con il suo difensore, l'avv. Marco Giulio Leone di Bologna. Dice l'avvocato: « Tu hai sempre fatto delle rapine con pistole-giocattolo, ora non devi fare quello che stai facendo ». Risponde lui: « Non farò stupidaggini se la polizia non mi ostacolerà ».
Ore 19 — Giunge dalla Riviera, dove era in ferie, il direttore del carcere. Anche lui parla con Fantazzini, lo assicura che non sarà ostacolato.
Ore 20 — Si propone al bandito di cambiare gli ostaggi, ma lui si rifiuta.
Ore 20,30 — Il Fantazzini telefona a un giornale: « Se i fotografi scatteranno dei flashes io sparerò ».
Ore 21,20 — Davanti al carcere viene posta una « Giulia super » di colore verde scuro. Ha il muso con direzione piazza d'Armi. La strada è tenuta sgombra. Tutto intorno non si vede polizia. C'è un grande, drammatico silenzio.
Ore 22 — Il Fantazzini con i due ostaggi. Contro di lui si avventano dei cani poliziotti. Il bandito ha un attimo di incertezza; ne approfitta il maresciallo Aurelio Calusio per sparargli un primo colpo che raggiunge il Fantazzini. Poi sparano anche il colonnello Marchini e altri. Il bandito è morente, gli ostaggi sono salvi.
La Stampa 24 luglio 1973