Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-01176
presentato da
GIACHETTI Roberto
testo di
Venerdì 21 settembre 2018, seduta n. 48
GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 18 settembre 2018, nella sezione nido del carcere di Rebibbia a Roma, Alice Sebesta, una donna poco più che trentenne, uccideva spingendoli giù dalle scale i suoi due figli di 6 mesi e di un anno e 7 mesi che con lei erano detenuti nella struttura carceraria;
la donna, incensurata e priva di domicilio, era stata arrestata in flagranza di reato il 27 agosto 2018 perché trovata in possesso nella sua auto di circa 10 chilogrammi di marijuana;
ai fini della richiesta dei domiciliari, il suo legale, Andrea Palmiero, era riuscito a contattare il padre dei bambini per ottenere proprio un domicilio propedeutico alla scarcerazione, ma tale richiesta veniva respinta dal giudice per le indagini preliminari;
a quanto risulta dalle testimonianze dirette, lo stesso giorno del duplice omicidio era fissata l'udienza in sede di tribunale dell'esame proprio per discutere la scarcerazione della donna e, sempre secondo le parole dell'avvocato, la donna risultava provata dai 20 giorni di detenzione (resa ancora più difficile per il fatto di non parlare italiano);
a seguito della tragedia, il Ministro interrogato, nel corso di una trasmissione televisiva, dopo aver comunicato di essersi recato prima a Rebibbia e poi al Bambin Gesù (dove è stata accertata la morte clinica del bimbo più grande), ha dichiarato di aver disposto accertamenti nella sezione e di averne sospeso la direttrice, la sua vice e il vicecomandante del reparto di Polizia Penitenziaria;
la riforma dell'ordinamento penitenziario, a giudizio dell'interrogante, appare per l'ennesima volta l'unica risposta necessaria affinché non sia più ammissibile che dei bambini debbano passare i primi anni della loro vita dietro le sbarre ed il percorso portato avanti dagli ultimi Governi aveva previsto anche una parte relativa all'affettività in carcere, che avrebbe senza dubbio evitato il verificarsi di simili episodi;
a giudizio dell'interrogante la decisione del Ministro interrogato di sospendere i responsabili amministrativi della sezione rappresenta il classico tentativo di individuare «il capro espiatorio» di un sistema che non funziona sia sul piano legislativo che organizzativo, e che finisce per penalizzare i soggetti che, operando con strumenti inadeguati e risorse limitate, di questo sistema subiscono tutte le falle –:
se sia stata avviata l'indagine amministrativa in relazione alla vicenda sopra descritta e, in caso affermativo, quali siano le responsabilità contestate al personale;
se siano state seguite tutte le corrette procedure partendo dall'arresto in flagranza fino al tragico epilogo e se non intenda adottare iniziative volte a favorire, in casi analoghi, soluzioni alternative al carcere;
quanti siano gli agenti di Polizia Penitenziaria, gli psicologi, gli assistenti sociali e gli educatori in dotazione alla casa circondariale di Rebibbia;
se, anche in considerazione del fatto che la donna è di nazionalità tedesca e non parla italiano, fosse presente nella struttura il mediatore culturale come previsto dalla legge;
in che maniera e, specificamente, attraverso quali figure professionali sia garantita la salute fisica e psichica delle donne e dei loro bambini nella suddetta struttura;
se la donna, nel corso della sua detenzione, sia stata visitata dagli psicologi e, in caso affermativo, quale sia stato l'esito della relazione e se i suoi bambini siano stati visitati dal pediatra;
se, alla luce anche di questo tragico episodio, non ritenga urgente ed opportuno assumere iniziative volte a riprendere il percorso di definizione di una riforma dell'ordinamento penitenziario che escluda definitivamente la presenza di bambini nelle carceri;
cosa intenda fare, alla luce dei gravi problemi di sovraffollamento e di carenze strutturali del settore, per garantire la legalità nell'esecuzione penale.
(4-01176)