Chiamato a testimoniare nel corso di una indagine della Procura di Frosinone contro i suoi superiori della Penitenziaria, all’interno del carcere, era stato trasferito con un provvedimento a tempo indeterminato presso altre strutture carcerarie per evitare rischi di possibili ritorsioni.
L’assistente Capo della polizia Penitenziaria si ritrova oggi a dover lottare con la sua stessa amministrazione che, invece, pretende che faccia ritorno proprio in quel penitenziario. Per questo ha mandato un videomessaggio al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per chiedere un suo intervento. L’agente della Penitenziaria residente a Castelnuovo Parano è in servizio presso la casa circondariale di Regina Coeli.
Nel 2005 il provvedimento emesso dall’Amministrazione carceraria dispone il distacco dalla casa circondariale di Frosinone ad altra sede a tempo indeterminato. Un provvedimento che nasce dalla maturata incompatibilità ambientale e dalla salvaguardia dei familiari. L’agente, infatti, fu chiamato a testimoniare su una indagine della procura di Frosinone nei confronti di personale della penitenziaria di grado superiore. Lo stesso magistrato suggeriva di non prestare più servizio a Frosinone.
Per questo l’agente è stato prima trasferito nel carcere di Cassino e poi a quello di Roma. Una situazione lavorativa non certo congeniale dato che lui abita a Castelnuovo Parano ma nonostante ciò preferisce continuare a lavorare a Roma opponendosi alla volontà della sua amministrazione di riportarlo nuovamente a Frosinone.
Lì, nel carcere ciociaro, l’agente teme di trovare ancora ad accoglierlo un ambiente poco sereno per i fatti di oltre dieci anni fa. Lavorare in un contesto che non si ritiene “familiare” svolgendo un lavoro particolare come quello dell’agente della penitenziario, è particolarmente gravoso. Per questo l’agente pur dovendo fare molta più strada per raggiungere il carcere romano, lo preferisce al ritorno al lavoro nel più vicino carcere di Frosinone. Inascoltate le sue richieste ha intrapreso, assistito dall’avvocato Annarita Capezzone, una battaglia legale con l’amministrazione penitenziaria affinché riconosca la prescrizione a tempo indeterminato adottata nel 2005 e ha chiamato in causa il ministro Bonafede.
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