L'uccisore, condannato per omicidio, ha confessato - "Mi umiliava e un sardo non può accettare di essere comandato senza rispetto" - Gli inquirenti ritengono però che abbia spaiato al dott. Masone (55 anni) per rapina - Sparito oltre un milione dalla stanza. Il «giallo» dello stabilimento penale di Pianosa è stato presto risolto. L'assassino del direttore è un ergastolano. Salvatore Gadoni, 40 anni, nativo di Sassari. Fu condannato a Napoli nel 1959 (sentenza confermata in appello sempre a Napoli nel '62) alla massima pena perché in concorso con altri aveva ucciso per seimila lire un taxista gettando poi in mare il corpo della vittima e l'auto. Ma a Pianosa, dove era ospite dal maggio del '65, proveniente dal carcere di Rebibbia, era definito un soggetto tranquillo, non pericoloso. Tanto da divenire «l'uomo di fiducia», il cuoco e l'inserviente del dottor Massimo Masone, la vittima. Il Gadoni ha confessato nel. la nottata; poi è stato trasferito subito al penitenziario di Porto Azzurro. Ha detto di avere ucciso per rancore; pare, invece, che il movente sia stata la rapina, quasi un milione e mezzo in contanti era sparito dalla stanza del direttore. Qualcuno si domanderà a cosa serve il denaro per un ergastolano: serve a vivere meglio, a fare acquisti e ad assicurarsi degli ottimi pasti. Ma può servire ancor di più se eventualmente si progetta una evasione. Come è noto il dottor Massimo Masone di 55 anni, direttore della casa penale di Pianosa e sovrintendente alle carceri di La Spezia, fu trovato nel pomeriggio di ieri in un lago di sangue sotto il letto del suo alloggio all'interno dello stabilimento penale. Nella stanza in un primo momento non fu rinvenuto alcun particolare che potesse dare subito un indirizzo preciso alle indagini tanto che non fu esclusa anche l'ipotesi del suicidio. Poi l'intera vicenda assunse un contorno ben definito. Era stato assassinato. Scattavano immediatamente le indagini ad opera del personale carcerario, mentre venivano avvertiti a Livorno il sostituto procuratore della Repubblica dottor Elio Pasquariello e il dirigente della squadra mobile e a Porto Ferraio il comandante della tenenza dei carabinieri, capitano Certo. Sono stati momenti di viva tensione: due potevano essere le ipotesi probabili, una volta scartato il suicidio, l'assassinio poteva rientrare nel quadro di un tentativo di sommossa generale, oppure si trattava del gesto criminale di una singola persona. Nel primo caso la situazione poteva precipitare da un momento all'altro. Nell'isola fra colonia penale agricola, colonia penale sanatoriale, e reclusorio, vi sono circa 700 detenuti che vivono in piena libertà contro 150 agenti di custodia con i loro familiari e personale vario, per un totale di circa 500 civili, compresi donne e bambini. La posizione logistica con relativi collegamenti, è molto precaria. Comunque anche questa ipotesi ben pre. sto si svuotò. I detenuti dimostrarono infatti un notevole senso di disciplina; anzi addirittura di collaborazione attiva. Un primo esame al corpo della vittima da parte del medico dell'isola aveva rilevato che la morte doveva risalire tra le sei e le otto del mattino. Il dottor Masone era stato ucciso con un colpo di pistola al petto dopo che la pallottola gli aveva trapassato la mano destra. Sulla testa si notava un'altra ferita. Forse un'altra pallottola, forse un colpo con il calcio della pistola. Questi particolari li chiarirà in seguito l'autopsia. L'arma sarebbe una Colt 38 a tamburo: lo stesso tipo di rivoltella di proprietà del direttore. Dell'arma comunque non si trovava traccia. E' stato questo ciò che ha dato una prima stretta alle indagini. A compiere il delitto poteva essere stata soltanto una persona che aveva libero accesso agli uffici della direzione, che poteva entrare e uscire senza destare sospetti. Sono stati convocati tutti i detenuti addetti alle pulizie degli uffici della direzione, tutti coloro che senza sospetto potevano entrare ed uscire. Intanto si era scoperto che dall'ufficio della direzione era scomparso il denaro: un milione e mezzo circa, per cui sotto un certo aspetto nell'omicidio affiorava anche un preciso movente. Tra gli addetti alle pulizie vi era Salvatore Gadoni. Era il detenuto più degli altri a contatto con il dottor Masone. Egli ha retto bene al primo contatto con gli inquirenti. Si è dimostrato abbattuto, ha cercato in qualche modo di aiutarli- Poi, sottoposto a nuovi e più pressanti interrogatori, egli ha finito col crollare. «Mi umiliava. Dall'alto della sua posizione mi disprezzava ed un sardo non può accettare di essere comandato sen za rispetto». Poi il Gadoni ha guidato gli inquirenti sul luogo dove si era sbarazzato della pistola, una buca ricoperta con cura- Un nascondiglio pressoché introvabile. Il dottor Masone avrebbe lasciato la direzione dello sta bilimento dell'isola e la sovrintendenza delle carceri di La Spezia fra pochi giorni in quanto destinato a Firenze dopo la promozione a ispetto re generale per gli istituti di pena. La sua salma verrà probabilmente trasferita a La Spezia per l'autopsia.
La Stampa 26 agosto 1974