Nel corso dell’intervista di Massimo Giletti a Sebastiano Ardita durante la trasmissione tv Non è l'Arena del 7 giugno scorso, si è parlato in maniera approfondita dell’importanza nevralgica del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, dove Ardita ha lavorato intensamente e professionalmente per lunghi anni.
“Il Dap è un posto di grandissima responsabilità nel quale il ministro, assumendosi questa responsabilità, nomina chi vuole. - ha premesso il magistrato catanese - Il problema principale però è che questo è un posto che ha una storia, ed oggi è affidato a una dirigenza di complemento che finisce per non conoscere la realtà. Se tutto va bene per anni e non succede nulla è un conto, ma poi se ci si trova dall’oggi al domani in guerra, come avvenuto nel caso delle rivolte carcerarie, accade che anziché esserci a capo dell’armata il generale che conosce il territorio, la storia e le problematiche, c’è un ufficiale di complemento appena arrivato che normalmente sarebbe stato un addetto al rifornimento delle acque minerali”, ha detto metaforicamente il componente del Csm. “Questo, purtroppo, è ciò che è accaduto nel nostro Paese”.
“Di Matteo sarebbe stato un ottimo direttore del Dap”
E di questo problema, ha aggiunto Ardita, “occorre farsene carico perché il Dap non è una realtà che si può affidare al primo che passa”. “Nel Dap - ha affermato - sono morte persone che per anni hanno svolto quel ruolo tenendo la schiena e sono morte perché non hanno avuto paura di fronte alle rivolte, ai problemi dei carcerati, né alle questioni che riguardavano la mafia e i ricatti allo Stato che sono sempre passati dalle carceri”. In questo senso, ha detto Ardita, “sicuramente Nino Di Matteo è una persona che avrebbe fatto benissimo il capo del Dap perché anzitutto ha una conoscenza qualificata dei problemi, poi perché ha una grandissima umanità, la capacità di credere con passione nel riscatto degli ultimi. Questa - ha spiegato il magistrato - è una delle qualità principali che deve avere il direttore del Dap. Questo perché l’antimafia nel Dap non c’entra. Io vengo da quella cultura e per nove anni ho fatto rispettare le regole che è l’unica legge che paga nel mondo carcerario”.
Parlando della mancata nomina di Nino Di Matteo, anche lui consigliere togato del Csm, a direttore del Dap sono intervenuti anche Luigi De Magistris e la giornalista Sandra Amurri. “Bonafede non sceglie un uomo che avrebbe dato garanzie certe come Di Matteo e preferisce uno come Basentini”, ha esordito il sindaco di Napoli. “Basentini non era l’uomo più adeguato per fare il capo del Dap. Inoltre la lettura della valutazione di professionalità da parte del ministro riguardo Basentini la trovo sminuente”.
Luigi De Magistris ha poi fatto un’altra considerazione politica sulla scorta dell’intervento a inizio puntata del segretario del Pd Matteo Renzi. “Se Matteo Renzi dice che il tema è come mai si è scelto Basentini? Dato che fanno parte della stessa compagine di governo e della maggioranza a questo punto io credo che all’interno della maggioranza vada posto il tema se il contrasto alle mafie, il mantenimento del 41bis e la chiarezza di fronte al Paese sono temi principali o sono chiacchiere da bar”.
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