Anche ieri rivolta alle Nuove. Tutte le celle sono devastate
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STORIA Anche ieri rivolta alle Nuove. Tutte le celle sono devastate 14/04/1969 

La seconda giornata di torbidi è cominciata alle 9, dopo l'ora d'aria - Duecentocinquanta detenuti si sono rifiutati di rientrare in cella ed hanno cercato di provocare una sommossa generale - Una cinquantina dì essi sono saliti sul tetto del reparto femminile per calarsi in via Pier Carte Boggio dov'erano auto in attesa - Ricacciati dalla polizia con i gas lacrimogeni. Centinaia di agenti nella notte attorno alla prigione. 

Nasce ora un altro angoscioso problema per Torino Le carceri «Nuove» devastate dai rivoltosi dovranno essere sgombrate al più presto Occupato all'alba anche l'ufficio matricola: distrutti quasi tutti i fascicoli personali - Qualcuno dei carcerati ha saccheggiato il quartiere delle guardie, indossando le loro divise in un assurdo piano di evasione: il tentativo è stato sventato -1 ribelli hanno accumulato scorte di viveri e di acqua - Dichiarazione del Procuratore della Repubblica: «Non ci sono più state richieste specifiche da parte dei detenuti; nessuno scontro diretto con le forze dell'ordine. Se ci sono dei feriti, ciò è dovuto alle risse non infrequenti tra le varie "correnti" dei rivoltosi»

Continua la rivolta nelle carceri torinesi. La giornata di ieri è stata più violenta e furiosa di sabato. Mentre scriviamo la prigione di corso Vittorio è circondata da centinaia di agenti e carabinieri per evitare un'evasione in massa. Fiamme e fumo si alzano da alcuni « bracci ». Che cosa accade là dentro? Si sa che le celle sono devastate, cameroni stanno bruciando, alcuni prigionieri cercano la fuga, altri si oppongono élla rivolta. Alte Nuove vi sonò 1 detenuti, sabato circa 900 sono ribellati. Ieri i rivoltosi erario 250, ò poco pia. Ma estremamente aggressivi.

Erano soprattutto carcerati che non hanno nulla da perdere: già giudicati e condannati dagli 8 ai 15 anni. Quasi tutti rapinatori, oppure recidivi per furto o sfruttamento. Alle 3 di stanotte, la situazione è tesa. Bengala illuminano il cielo, i fasci delle fotoelettriche accendono le mura e i reticolati delle Nuove. «Il carcere è nostro» urlano i detenuti dalle finestre. Mentre scriviamo, i riflettori illuminano i muri di cinta, polizia e carabinieri circondano la prigione. Vi è un migliaio di automobili: curiosi, per lo più, ma si ha il sospetto che qualcuno sia lì per aiutare qualche evaso nella fuga. Sì sentono colpi secchi e sono gli scoppi delle bombe lacrimogene, che ogni tanto la polizia lancia oltre il muro per scoraggiare quelli che pensano di fuggire.

Ma che cosa sta accadendo nei vari bracci? Si vede fumo alzarsi qua e là. Si sentono grida e urla. Certamente nessuno dorme, là dentro, e pare che si stia sfasciando quello che resta da distruggere. I danni sono parecchie decine di milioni.

Ecco la cronaca di questa seconda giornata di ammutinamento. La notte tra sabato e domenica è stata calma. Una guardia ci ha detto: « Non mi piace. C'è elettricità nell'aria. Fra poco avremo ore calde ». E viene l'alba, è piena di fermenti. Un detenuto, condannato per sfruttamento, urla: « Non vogliamo essere trattati come porci. Spaccheremo tutto ». Dalle 9 alle 11 c'è I'aria». Tutti nei cortili. Come ogni giorno, ma questa è una mattinata diversa: vi è gente che parlotta come se complottasse, qualcuno dice di no e viene preso a pugni. Tutti sono tesi, hanno aria dura o sembrano spaventati. Poi circola un foglio ciclostilato, con le «richieste formulate dal comitato base delle Nuove» che ha evidentemente libero accesso agli uffici della prigione. Riusciamo ad averne uno, ed ecco il testo: «1: questo foglio deve ve comprende tutto il centro del carcere. La situazione è sempre più difficile. Da una parte ci sono 1080 detenuti. Solo una piccola percentuale vorrebbe consegnarsi pacificamente. Gli altri sembrano decisi a resistere ad oltranza. Gli uomini dell'ordine sono circa tremila. A loro spetta il compito di affrontare i rivoltosi scatenati senza provocare una tragedia.

Ecco la cronaca delle ultime ore.

ORE 0,15 — La situazione è tesa. Oltre le mura del carcere c'è un improvviso silenzio. Ogni tanto scoppia un bengala e, nella luce livida, dai tetti dei fabbricati in mano ai detenuti si vede levarsi il fumo degli incendi. In corso Vittorio e via Pier Carlo Boggio c'è un gran viavai di automezzi delle forze dell'ordine. Gli uomini stanchi vengono sostituiti da elementi freschi prelevati dal 1° Battaglione Mobile dei carabinieri.

ORE 0,30 — Il silenzio nel carcere continua. I rivoltosi stanno preparando qualcosa. Lungo il muro esterno si vedono pronti gli agenti di custodia che portano sulla spalla il mitra e impugnano i fucili caricati con bombe e candelotti fumogeni. Dalle tre grandi finestre che si alfacciailo a pochi metri da via Pie." Carlo Boggio, un gruppo di detenuti, attraverso le sbarre, comincia un dialogo con i passanti. «Non ci arrenderemo mai!» grida uno. Ma subito un compagno lo zittisce. Segue una serie di invocazioni drammatiche: « Non sparate », ripetuto più volte e sottolineato dallo sbandierare di uno straccio bianco. « Non fate chiasso e nessuno vi tocca » dice una guardia. Da una piccola folla ferma in strada, si staccano due ragazze. Vanno in mezzo alla strada. Sono vestite in modo vistoso, probabilmente sono prostitute. Le stesso detenuto che un istante prima invocava aiuto e gridava: « Qui ci sono degli uomini che stanno morendo », cambia tono e cerca di parlare con le ragazze. Le chiama con tanti nomi: «Emilia. Carla, Giovanna, Laura». Gli altri ripetono in coro: « Emilia. Emilia ». Il dialogo è grottesco.

ORE UNA — Mentre dalle finestre del « terzo braccio » i rivoltosi continuano a chiamare le ragazze — « Venite a consolarci, perché domani ci picchiano » — nell'interno del carcere una cinquantina di detenuti si impadronisce del magazzino viveri e appicca il fuoco alla cappella. Nulla si salva dalla loro furia. Si sentono grida, poi ricomincia il lancio di bombe lacrimogene.

ORE 1,15 — La situazione precipita: i rivoltosi entrano in massa nell'officina della prigione .Trovano ogni specie di arnesi, ci sono an¬ che macchine • utensili, ma per fortuna non le possono usare perché la corrente è stata tolta. C'è una vera e propria pioggia di bombe verso la zona, ma tutto è inutile. I detenuti cominciano a fabbricarsi colteUi, pugnali ed ogni tipo di arma da taglio. Nelle ore precedenti, le guardie erano armate solo di manganelli e scudi e avevano di fronte uomini con randelli e sbarre di ferro. Ora i rivoltosi possono anche uccidere, l'equilibrio delle forze è spezzato.

ORE 2 — Nell'interno delle Nuove si vedono bagliori di nuovi incendi. Sono anche i falò che i carcerati hanno acceso per far luce e scaldarsi. Fa freddo ed il vento non è calato. L'azione dei gas dura pochi minuti e la sua efficacia risulta notevolmente diminuita. Si sparano in aria colpi di mitra per intimidire i detenuti affacciati alle finestre. In strada la folla si è diradata, restano alcuni familiari e molte persone dall'aria sospetta.

ORE 6 — Le ultime quattro ore non hanno registrato novità. Si bombarda di gas l'officina ed il « terzo braccio ». Sul lato di corso Vittorio, presso il reparto femminile, finiscono gli inutili tentativi di bucare i muri che a turno i detenuti hanno ripetuto per tutta la notte. La distruzione del carcere a questo punto è ormai completa. Sono state demolite anche molte pareti divisorie. Attraverso le inferriate, i mattoni sono stati gettati verso le guardie al grido di: « Eccovi le caramelle ».

ORE 6,30 — Viene occupato anche l'ufficio matricola, compreso neU'area che gli agenti di custodia non possono raggiungere senza provocare furibondi scontri con i rivoltosi. Si ha la sensazione che i detenuti abbiano addirittura preparato barricate volanti e si tengano pronti a bloccare ogni ingresso provocando furiosi incendi. Nell'ufficio matricola sono stati distrutti quasi tutti i fascicoli personali dei carcerati.

ORE 7,30 — I rivoltosi non hanno ancora abbandonato la folle idea di riuscire ad evadere. Qualcuno è entrato nel quartiere dei secondini, già devastato nella iarda serata, e si è impadronito di alcune divise che ha indossato. Forse sperava di confondersi tra gli agenti, durante uno scontro. E' stato visto attraverso i flnestroni spezzati ed il piano è andato a monte. D'altra parte nessuno dei rivoltosi può lasciare la zona centrale delle Nuove. Il cordone di agenti sui muri e nei locali confinanti è tale che anche un tentativo in massa da parte dei detenuti sarebbe immediatamente stroncato. All'alba sono giunti ulteriori rinforzi da Milano, Genova. Alessandria e Cairo Montenotte dove ha sede la scuola delle guardie carcerarie.

ORE 8 — Si attende da un momento all'altro una decisione da parte delle autorità per sbloccare definitivamente la situazione. Una decisione assai delicata, di competenza dello stesso ministero di Grazia e Giustizia, il direttore del carcere, dott; Di Piazza, lia la sensazione che una parte dei detenuti intenda consegnarsi spontaneamente alle forze dell'ordine. Però nessuno si muove: probabilmente i più pacifici temono la reazione dei compagni più esagitati che non intendono separarsi dalla massa per non essere identificati. Sono circa 250, hanno saccheggiato i ma gazzini alimentari e si sono create delle scorte anche d'acqua spezzando le tubazioni. Sono decisi a tutto e si preparano a resistere ad oltranza. Sono gli autori delle peggiori distruzioni: hanno fatto a pezzi anche e fognature di terracotta che funzionavano dal 1857.

ORE 8,30 — Il vice direttore del carcere, dott. Taldo- ( ne, riesce a parlamentare attraverso un cancello con alcuni rappresentanti dei detenuti che vorrebbero porre fine alla rivolta. In segno di pace, gli consegnano alcune spranghe di ferro ed altri randelli improvvisati. Non è che uno dei tanti tentativi di riappacificazione e purtroppo va a vuoto. « Molti carcerati si rendono conto — commenta il dott. Taldone — dell'assurdità del loro comportamento che è contro i loro stessi interessi. Gli uni tentano di scaricare sugli altri la responsabilità dell'accaduto. Ciò non toglie che vi sia tuttora una percentuale piuttosto rilevante di der tenuti violenti ed irriducibili ». Si apprende che molte scene della rivolta sono state filmate e ciò permetterà di identificare i più facinorosi.

ORE 9 — Chiuso in una bottiglietta di medicinali, i rivoltosi lanciano un messaggio in cui si protesta per la versione data dalla radio sulla rivolta, con accuse di crudeltà alle guardie che hanno lanciato gas anche nell'infermeria. Diamo a parte il testo integrale del messaggio.

Un messaggio dei detenuti Stamane un gruppo di detenuti ha gettato da una finestra una bottiglietta contenente il seguente messaggio: « LA VERITÀ". Poco /a alla radio abbiamo ascoltato le notizie che ignorano perché questa notte c'è stato un peggioramento della situazione. Ecco la spiegazione: 1) Perché dopo il ritiro nelle celle da parte del detenuti, nel carcere venivano introdotte forze di polizia per prelevare non si sa quanti detenuti e trasferirli nonostante le assicurazioni contrarie, 2) A questo punto contrariamente a quanto affermato dal Direttore nell'Intervista alla radio (ore 8) TUTTE LE GUARDIE DI CUSTODIA abbandonavano in fuga l'Interno del carcere noncuranti di quanti detenuti potevano essere rimasti chiusi nelle celle. E ciò dimostra che precedentemente i detenuti si erano ritirati ordinatamente. « Il pericolo maggiore per questt detenuti,, rimasti chiusi, ed in PARTICOLAR MODO per quelli RICOVERATI ALL'INFERMERIA veniva dal gas LACRIMOGENI, che contemporaneamente venivano fatti scoppiare senza risparmiare il Reparto femminile e tutta l'Infermeria, dove giacevano PI detenuti quasi tutti gravi. «Gli agenti infermieri li abbandonavano chiudendo perfino gli armadi medicinali (tanto che uno di questi fu infranto da un medico in seguito accorso). Per tutta la notte due medici valorosi e Padre Morio hanno assistito gli agonizzanti In uno scenario apocalittico e di disperazione incredibile. « PERCHE' NON DITE ALLA POPOLAZIONE LA VERITÀ? ». 

ORE 9,15 — Si apprende che i detenuti del « braccio penale», tutti coloro che sono già stati condannati e stanno scontando fa loro pena, non hanno solidarizzato con i rivoltosi. Cime si ricorderà, l'azione di protesta è nata dalla richiesta di una pronta riforma dei due codici penale e di procedura penale, specialmente per quanto riguarda la regolamentazione del carcere preventivo. La maggior parte dei «contestatori » è appunto tra coloro in attesa di giudizio.

ORE 9,30 — Uscendo dalle Nuove il questore di Torino dott. Guida dichiara ai giornalisti: « Il carcere non è più funzionale, se non in misura minima: l'ho visto con i miei occhi. Noi abbiamo garantito la sicurezza esterna, in modo assoluto nessun detenuto può uscire. Non c'è altro che attendere te decisioni a livello ministeriale ».

ORE 10 — Anche il procuratore della Repubblica dottor La Marca compie un sopralluogo all'interno del carcere: « La situazione e controllata nei punti nevralgici — spiega —. Non ci sono stati scontri diretti tra le forze deU'ordine e i detenuti. Se tra loro ci sono dei feriti, ciò è dovuto alle risse, non infrequenti tra le varie " correnti " dei rivoltosi. Comunque è assicurato il servizio di assistenza sanitaria. Ho l'impressione che la situazione tenda a sbloccarsi, si ha un senso di riflessione generale. Nelle ultime ore, però, non abbiamo avuto alcuna richiesta specifica da parte dei carcerati: del resto le riforme eventuali del sistema penitenziario dovranno essere vagliate esclusivamente a livello parlamentare ».

ORE 10,15 — Ormai dall'alba gli agenti non gettano più, gas lacrimogeni. I rivoltosi dal canto loro non escono all'aperto e restano chiusi nei « bracci » tra i quali probabilmente hanno aperto dei passaggi attraverso i muri. Dai tre finestroni su via Pier Carlo Boggio, restano permanentemente affacciati gruppi di carcerati. Gridano insulti agli agenti, cercano di dialogare con i curiosi, di commuovere la folla: « I casi sono due — urlano. — O ci ammazzano tutti, oppure usciamo di qui ».

ORE 11 — Da Roma la notizia attesa per tutta la mattinata: il ministero di Grazia e Giustizia ha deciso di sgomberare le Nuove e di trasferire i detenuti in altri penitenziari. L'ordine è comunicato alle autorità di polizia e alla magistratura locale. A Roma il direttore generale degli istituti di prevenzione e di pena. Pietro Manca, ha incaricato il consigliere Raffaele Vessichelli e l'ispettore generale Antonio Solarino di recarsi a Torino per coordinare il trasferimento. Il reparto maschile del carcere non è più utilizzabile.

ORE 12 — La notizia che i carcerati saranno portati via dalle Nuove e rinchiusi in penitenziari molto lontani (si parla insistentemente della Sardegna), si è sparsa in città. Da ogni parte accoirono i familiari che si assiepano davanti all'ingresso principale della prigione, su corso Vittorio.

ORE 12,15 — Ora l'agitazione è fuori dalle mura del carcere: i familiari dei detenuti sono in fermento ed hanno organizzato una protesta. Si prendono a braccetto e bloccano completamente l'ampia carreggiata del corso. La polizia deve intervenire per disperderli. Un rappresentante del Movimento studentesco informa che alle 15,30 i giovani si raduneranno davanti alle Nuove per una manifestazione.

La Stampa, 14 aprile 1969


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