Attendono l'amnistia mentre continua l'ondata di criminalità. Ai motivi consueti di tensione per lo stato dell'edificio, si è aggiunto ora il fermento per la speranza di un imminente «atto di clemenza».
Dalla seconda metà di dicembre è cresciuto il fermento alle Nuove. Nel decrepito carcere lo stato dì tensione è ormai consueto per le condizioni in cui sono costretti a vivere detenuti, ancora rinchiusi alla meglio nei pochi, bracci non sinistrati dalle rivolte del '69 e del '71. L'irrequietezza dei carcerati è però accresciuta ora da una parola che corre per le celle, carica di significalo per chi intravede il cielo attraverso le sbarre: amnistia.
Alle Nuove, come in ogni carcere italiano, si spera che venga rispettata la vecchia tradizione italiana che vuole amnistia e indulto dopo l'elezione di un nuovo presidente, della Repubblica. Una' volta, si liberavano ì « galeotti » per la nascita di un erede al trono o per il matrimonio di un principe. Nell'Italia repubblicana si è sinora festeggiato con un «colpo di spugna» l'ingresso al Quirinale di un nuovo Capo dello Stato. I penalisti che frequentano le Nuove raccontano di essere assediati dalle domande ansiose dei clienti: «Avvocato, 'quando arriverà questa amnistia? Che cosa aspetta il presidente Leone?». I
I presidente Leone, a quanto se ne sa, non sembra intenzionato a continuare la tradizione dei predecessori, ma in prigione la speranza resiste. Leone ha sempre affiancato all'attività politica la professione di avvocato e di professore di procedura penale: conosce troppo bene la situazione della giustizia in Italia per prendere decisioni che contrastino con quelle che sembrano le sue convinzioni profonde. In 26 anni si sono susseguite in Italia ben 14 amnistie: l'ultima, quella della primavera del 1970, portò alla liberazione di 14 mila detenuti.
Molti di costoro sono nuovamente in carcere, dopo avere contribuito all'aumento degli indici di criminalità registrato dalla polizia e dai magistrati di tutta Italia. Nel secondo semestre del '70, nei mesi cioè dopo l'amniistia, i furti aumentarono dì un buon 30 per cento; le rapine, le estorsioni, i sequestri di persone dì oltre il 20
Non è certo il caso di risuscitare le teorie, oggi giustamente rifiutate dagli studiosi più aggiornati, del Lombroso e della scuola criminologica positivista che parlava dì predisposizioni organiche al crimine. Sappiamo che la predisposizione è semmai di natura sociale, economica, sociologìca, derivata dalle situazioni in cui molti si trovano a vivere. E' noto anche quali siano le condizioni dei detenuti nelle carceri (su questo argomento Stampa Sera pubblicherà da domani un'inchiesta di Vittorio Messori e di Alessandro Rinaldo) e quale sia la condizione dell'ex-detenuto. Di colui, cioè, che un'amnistia o un ordine di scarcerazione getta nuovamente nella vita, dopo un'esperienza avvilente che qualcuno definisce ancora di redenzione.
Spesso, a un ex-detenuto è quasi impossibile procurarsi un lavoro, dopo l'uscita dal carcere si verifica contro di lui un processo di emarginazione sociale che per alcuni sfocia in un'altra violazione del codice penale. Il sindaco di Torino, interpretando in questo il pensiero della maggioranza dei cittadini, si batte perché l'istituzione carceraria in città trovi una sede più adeguata delle Nuove che si vogliono invece restaurare. Il problema, infatti, non sembra essere oggi di amnistia: il lavoro da compiere per una vera opera sociale è a monte, migliorando la situazione della amministrazione della giustizia e rendendo i luoghi di pena idonei a svolgere quel fine di reinserimento sociale che dovrebbero avere.
La Stampa 20 gennaio 1972